Il knowledge management va visto come risorsa e opportunità per le persone, le funzioni aziendali, le organizzazioni. Gli approcci più recenti al management della conoscenza e dell’innovazione hanno enfatizzato la natura cooperativa del processo innovativo e la necessità, da parte delle imprese, di mettere in atto strategie di collaborazione e condivisione delle rispettive competenze e dei risultati dei loro investimenti in innovazione, al fine di migliorare la loro capacità innovativa, capitalizzando sull’esperienza accumulata non solo individualmente, ma all’interno di una comunità di attori economici rilevanti.
Alcuni dei contributi più significativi in questo senso vengono da:
Moore J. F. che in un articolo pubblicato su Harvard Business Review del 1993 intitolato “Predators and Prey: a new ecology of competition”, sviluppando la nozione di business ecosystem, ha chiarito che la competitività delle imprese si fonda su processi di collaborazione tra produttori, fornitori e clienti riguardo all’introduzione di nuovi prodotti.
Chesbrough H. W. e Vanhaverbeke W., West J. i quali in “Open innovation: researching a new paradigm”, Oxford University Press (2006), articolano un modello dei processi innovativi aperti in cui per le imprese risulta più vantaggioso applicare strategie e strumenti di knowledge sharing piuttosto che tentare di proteggere il loro know-how e appropriarsi dei risultati degli investimenti in R&D in modo esclusivo.
Amin A. e Cohendet P. che in “Architectures of knowledge: firms, capabilities and communities”, Oxford University Press (2004) propongono la nozione di communities of practice quale forma organizzativa distribuita della conoscenza e quella di management by communities per descrivere la gestione della conoscenza, prevalentemente tacita, e dei processi di apprendimento dal basso o learning by doing.
Le aziende si trovano a competere su scenari sempre più vasti e pregne di relazioni: con il mercato, con i clienti, con i fornitori, con i partner produttivi e commerciali, con le istituzioni. Inoltre le aziende possono essere composte da sedi centrali, filiali, consociate dislocate geograficamente. Da qui la necessità pressante di dotarsi di struttura e strumenti in grado di agevolare la comunicazione, l’interazione, la condivisione, l’integrazione al di fuori dei confini spaziali.
Nell’azienda estesa le relazioni, interne ed esterne, hanno un ruolo primario, così come il fare sistema e mettersi in rete (networking). I processi intra-aziendali mirano al superamento delle barriere tra le unità organizzative interne, mentre la creazione e la gestione dei processi inter-organizzativi pone l’azienda in intensi network, nell’ambito dei quali potrà realizzarsi, in alcuni casi, un misto di cooperazione/competizione detta anche co-opetition.
La gestione della conoscenza, alla base della creazione del valore delle organizzazioni, è strettamente legata alle competenze individuali e organizzative che le permettono di svolgere i propri processi in modo performante e di essere quindi competitiva. L’azienda può essere definita come un serbatoio di competenze individuali che, in virtù delle relazioni tra individui, consente di sedimentare “nuova conoscenza”. Questa nuova conoscenza, costituita da informazioni finalizzate, non è più patrimonio dei singoli, ma diviene patrimonio aziendale e si manifesta nello svolgersi armonioso e integrato delle attività dei processi aziendali, che rappresentano le competenze organizzative. Questa conoscenza non si consuma, ma cresce con l’intensificarsi del suo uso (learning by doing + learning by interacting).
I process owner devono creare l’humus sul quale poter far crescere e valorizzare la conoscenza e sul quale gestire la comunità che ne deve usufruire. Tale comunità, così intesa e trattata, risulta costituita dai knowledge workers, i reali detentori, utilizzatori e produttori della conoscenza, coloro che, attraverso i mezzi messi a disposizione dall’organizzazione, mettono in circolo la conoscenza e la rendono utile e riutilizzabile ai fini organizzativi. In questo senso fanno crescere non solo la conoscenza organizzativa, ma anche quella individuale, dalla quale partire per rinnovare e incrementare la conoscenza in uso. Per questo nelle aziende estese il valore è dato da una sapiente gestione della conoscenza e dalla quantità e qualità delle proprie relazioni, che rappresentano il veicolo primario attraverso il quale la conoscenza viene prodotta e trasferita. Gli strumenti che verranno adottati saranno solo dei facilitatori di questa primaria funzione e si plasmeranno secondo i fini aziendali.