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giovedì 23 giugno 2016

Digital Innovation e Knowledge Organization

La digitalizzazione dei processi, la creazione e definizione delle e-Corporation è iniziata con l’implementazione di architetture per l’e-Business. Nell’ Economia dell’Informazione l’IT ha fortemente influenzato e determinato il cambiamento organizzativo e dei processi aziendali. L’adattamento delle organizzazioni complesse agli scenari imposti dall’avvento della Rete come infrastruttura per poter attuare e realizzare i propri obiettivi di business, ha comportato l’elaborazione di modelli diversi da quelli tradizionali, la formulazione di nuove strategie gestionali, l’individuazione di tattiche mirate a creare un ambiente integrato e interconnesso. A livello macro, la Technological Disruption spinge a creare ecosistemi di business, modificando le tradizionali strutture industriali ed economiche e le relazioni che intercorrono tra i vari operatori e soggetti che ne fanno parte.

Il vero vantaggio competitivo delle organizzazioni, nell’evoluzione di un mercato liquido governato da incertezza e instabilità, risiede nella “conoscenza” posseduta dalle persone che ne fanno parte, in quella che passa nei processi aziendali, che risiede nei documenti e nei sistemi e rappresenta uno dei valori intangibili delle imprese.

Gestire le attività e i processi aziendali tramite soluzioni ICT (Information and Communication Technology) significa poter identificare, raccogliere, trattare, conservare e rendere accessibile la conoscenza delle organizzazioni, al fine di metterla al servizio dello sviluppo del business.

Il Knowledge Management, disciplina e approccio per l’implementazione di forme organizzative che puntano all’innovazione e vogliono mantenersi competitive, si realizza attraverso tre cardini fondamentali: le Persone, i Processi, la Tecnologia. I progetti di KM si concentrano su chi possiede la conoscenza che all’organizzazione interessa recuperare e rendere utile ai fini delle decisioni strategiche aziendali; ne disegna il percorso ai fini della creazione di un circolo virtuoso di creazione di nuova conoscenza sulla base di quella acquisita, opportunamente elaborata; individua a chi va somministrata; individua le aree di appartenenza, le varie funzioni aziendali che devono potervi accedere; definisce l’ambito contenutistico, come gestirlo e come questo arricchimento informativo potrebbe impattare sull’organizzazione; individua quali mezzi o sistemi di trasmissione, ricezione, immagazzinamento ed elaborazione dei dati e delle informazioni risultano adeguati al contesto di riferimento.

Il KM prevede quindi lo sviluppo di sistemi che agevolino la collaborazione per facilitare lo scambio delle informazioni e che consentano di trattare tutti i dati con i quali l’organizzazione viene a contatto, strutturati e non strutturati, provenienti da più fonti, disponibili in più formati, attraverso attività di Big Data Analytics e rielaborazioni di Business Intelligence per la creazione di Decision Support Systems.

Affinché il dato e l’informazione possano diventare conoscenza bisogna da una parte creare l’infrastruttura adeguata, progettando piattaforme architetturali che prevedano un ambiente coerente e integrato, dall’altra aver promosso e diffuso una cultura della condivisione del sapere all’interno dell’organizzazione secondo metodologie e strumenti di Knowledge Sharing.

Nella Knowledge Economy le organizzazioni perseguono una strategia di Digital Innovation, processo nel quale la tecnologia offre nuove mezzi, nuove soluzioni e modalità operative che configurano modelli organizzativi mirati a creare la Knowledge & Social Organization. Le tecnologie digitali, infatti, hanno cambiato il modo di operare delle imprese e di relazionarsi con il loro ambiente di riferimento, esterno ed interno. 

lunedì 20 aprile 2015

Il cambiamento organizzativo passa attraverso la Social Organization

I fattori determinanti per la caratterizzazione di una organizzazione complessa in una Social Organization sono:
- i processi
- le persone
- le tecnologie.

Tradotto in termini pratici, significa avere un forte commitment interno, a livello direzionale, orientato al cambiamento e all'innovazione organizzativa con l'obiettivo di rendere le persone che ne fanno parte consapevoli, quindi partecipative, oltre che proattive, sia delle strategie aziendali, sia del proprio ruolo e apporto alle attività dell'organizzazione.

Le persone, le loro competenze, il loro know how, sono definiti "valori intangibili" delle organizzazioni, così come le relazioni formali e informali che le organizzazioni e le persone costruiscono nel loro agire organizzativo, nel contesto di riferimento.

L'evoluzione delle organizzazioni in una forma che privilegi la comunicazione interna ed esterna e lo scambio della conoscenza che producono, avrà come prima conseguenza la valorizzazione di questo patrimonio intangibile.

Le organizzazioni per loro natura devono tendere alla ricerca di un equilibrio costante interno e con l'esterno, da mantenere secondo un continuo e rinnovato patto di reciproco e vantaggioso scambio. La rete di rapporti che intessono le alimenta e le rivitalizza e rende necessaria l'adozione di un sistema in grado di gestire e governare le pressioni a cui sono sottoposte, tra le quali il dirompente impatto portato dalle nuove tecnologie.

Per creare le condizioni base abilitanti su cui si può sviluppare un contesto collaborativo quale è quello della Social Organization, sono necessarie tecnologie adeguate, che consentano, accanto ad una visione e una gestione lungimirante del processo di cambiamento, il governo di tutte le relazioni che attraversano, plasmano e orientano l'organizzazione.

Una Social Organization è fondamentalmente una community, costituita a sua volta da un insieme di community diverse per connotati, elementi e finalità. Il loro funzionamento è ben descritto in un interessante post di Alessandro Donadio  "Dalle community of practice alla social organization...e oltre" . 

Inoltre, per ben implementare un processo di cambiamento organizzativo globale, che non sia solo una mera adozione di nuovi strumenti tecnologici, sarà determinante il coinvolgimento e l'apporto dell'Area Human Resources, secondo quanto illustrato da Alessandro Donadio nei due post che seguono, ripresi dal suo blog "Metaloghi organizzativi 2.0":

- "Community che vai, community manager che trovi"

- "Il community manager, anzi no...enabler"


mercoledì 29 ottobre 2014

"Is Your Company Bleeding Knowledge?"

Riportiamo un interessante articolo pubblicato su Forbes  che descrive una metodologia di approccio ai progetti di Knowledge Management sia dal punto di vista organizzativo, sia riguardo al coinvolgimento delle persone che ne prenderanno parte.


"In the world of business, knowledge is currency. And, like currency, knowledge can seem scarce when you need it most — unless you’ve got something in the bank.
That’s where knowledge management comes in. Just as libraries provide direct access to a world of information, knowledge management systems codify the collective wisdom of your team TISI +3.71%. And if you’re creating digital content, organizational knowledge is a critical asset for engaging your target audience ADNC +0.25%.

Leverage Team Insights Into Content
A new generation of technology is making it easier than ever to collect, categorize, and share vital information throughout your entire company. Systems such as Bloomfire are even gamifying knowledge management by allowing employees to digitally “high-five” one another for adding wisdom to the centralized repository.
knowledge

Thanks to this new wave of technology, any company can now create a robust, meticulously organized knowledge bank. However, as you might remember from your days in the college library, simply having access to information doesn’t guarantee success. A knowledge management system is only as powerful as what you do with it.

So how do you translate institutional knowledge into engaging digital content? Here are a few tips: 

1. Create Audience Personas
Everything your team does — from closing a deal to handling customer complaints — presents a learning opportunity. Why does this client love your company? Why did that one leave you? Transcribing insight into your knowledge management system helps humanize your network.
Instead of thinking about your audience in the abstract, create personas based on real-world experience. Who is your primary customer? Who is your ideal partner? Using your knowledge bank, paint a picture that incorporates everything from demographics to concerns about your product.
At Influence & Co., every article we publish targets a specific persona. “How to Sell the C-Suite on Investing in Content Marketing,” for example, is a direct response to challenges some of our primary clients (marketing directors) often encounter.
Narrowly pinpointing and visualizing various elements of your target audience will lend more specific insight so you can craft content that speaks to their needs.

2. Collect the Wisdom of Leaders
While lessons from the front lines are a vital asset, they’re not the only kind of knowledge you should be banking.
The diversity of expertise within your team is staggering, and it can be incredibly useful for creating interesting content. At Pubcon, I met Duane Forrester, a senior product manager at Bing. As the conversation jumped from SEO to wearable technology and self-driving cars, I marveled at the depth and range of Duane’s intellect.
Imagine you’re a content writer at Bing. You’re doing an article about trends in search, and as you pore through the knowledge management system for information, you come across Duane’s thoughts on the future of wearables. Thanks to his insight, you’re able to make a fascinating cross-industry connection that both strengthens your piece and expands your audience. Superior content reflects the specific intelligence your team holds. By sharing their unique perspective with the company, leaders can equip content creators with fresh ideas and angles.

Be Proactive in Knowledge Management
Not all knowledge management systems are created equal. Our vice president of content, Brittany Dowell, expands on this fact in arecent blog post. Features and user experience can vary wildly from product to product, so you should choose something that meets your company’s specific needs and tastes.

Once you’ve selected a knowledge management system, you’ll need to consider a range of questions, including:
  • What type of information will we store? Will you collect only text, or will you also bank audio, video, and images?
  • Who will have access? Who will be able to add and edit information? Will you limit reading access to your team, or will you make certain resources available to clients as well?
  • What’s the best way to categorize knowledge? Effective categorization will make or break your knowledge bank. If your content creators can’t quickly sift through relevant information, they won’t take advantage of the system.
Once you answer these questions, invest time and energy in educating your team about the system and its benefits. Only when your employees understand the relationship between organizational learning and growth will they actively — and willingly — contribute.
If knowledge is power, then the creative application of knowledge is competitive advantage.  Cultivate brainpower as an asset, and it will take your company in new directions.

John Hall is the CEO of Influence & Co., a company that provides a turnkey thought leadership solution for companies.

http://www.forbes.com/sites/johnhall/2014/10/26/is-your-company-bleeding-knowledge/


martedì 21 ottobre 2014

Il Knowledge Management, prassi applicabile dal Marketing alle attività per la Corporate Social Responsibility

E' stata pubblicata sul blog La Spir@le della conoscenza, nell'ambito del Dossier "L'albero di Lullo", una intervista della Dott.ssa Rosangela Muscettablogger e redattrice in ambito tecnologico-informaticoalla sottoscritta sugli ambiti applicativi del Knowledge Management nelle organizzazioni complesse e in particolare nel Marketing Knowledge Management. Si è anche parlato dei possibili sviluppi del KM, dell'opportunità di applicarne principi e pratiche anche nel campo della Corporate Social Responsibility, per lo sviluppo delle Risorse Umane.

"Di Knowledge Management per il potenziamento del marketing aziendale, degli ambiti applicativi, dei possibili sviluppi futuri abbiamo parlato con la Dott.ssa Anita Fabbretti, Marketing Communication Manager di Quattroemme Consulting s.r.l..

La diffusione del Knowledge Management in Italia non sembra ancora essere così massiccia. Quali sono secondo Lei le cause? Perché le aziende italiane non sembrano ancora del tutto pronte per questo passo? In realtà bisogna saper interpretare quanto accade al di là di schemi rigidi. Le grandi organizzazioni, perlopiù multinazionali, e questo va sottolineato, in modo esplicito parlano di implementazione di sistemi per il km già da diversi anni. Soprattutto all’estero, da cui è partito il filone di studi e di applicazione del km, si ha ben chiaro cosa sia in ambito organizzativo, come va inquadrato, gestito e realizzato un progetto di questo genere. E questo si riflette nelle filiali mondiali delle aziende americane o di altri Paesi più maturi del nostro in questo ambito oppure in tutte quelle aziende italiane che si sono internazionalizzate. 

Elementi cardine dei progetti per la gestione della conoscenza in ambito organizzativo sono i processi, la tecnologia e le persone. I processi aziendali sono l’essenza stessa dell’organizzazione, il suo modo di esprimersi e muoversi nel contesto di riferimento interno ed esterno, ne configurano, alimentano e sostengono, validandola, la struttura. La tecnologia è il fattore abilitante, il mezzo attraverso il quale l’azienda ottimizza le proprie procedure e realizza il ROI. Esistono tecnologie maggiormente “portate” ad essere la soluzione migliore per la realizzazione di knowledge management systems, ma quello che è fondamentale è la progettazione a livello architetturale di tutto l’ambiente, più che la piattaforma tecnologica di sviluppo. Un KMS efficace prevede l’integrazione di svariate tecnologie e strutture informatiche, nuove o già in essere. Non è necessario, se non in casi limite, costruire da zero un sistema informatico di raccolta, ricerca, gestione, elaborazione ed archiviazione dei dati e delle informazioni quale è un vero kms. Il terzo elemento sono le persone, ossia l’anima, il cuore e il cervello di ogni organizzazione, elementi attraverso cui tutto passa e tutto viene creato. I knowledge workers fanno la differenza in un progetto per il knowledge management. E sui knowledge workers va tarato un progetto per il km che possa fornire dei risultati e non morire nelle intenzioni degli sponsor interni del progetto. 

Partendo da queste premesse è possibile dare una risposta. Il nostro tessuto economico è caratterizzato prevalentemente da PMI, che nel loro operare spesso realizzano pezzetti di sistemi per il km al fine di migliorare le proprie performance o per soddisfare richieste specifiche legate ad adempimenti necessari. Ma molte di queste organizzazioni, anche a causa della loro stessa natura, non hanno consapevolezza che migliorare una procedura, informatizzarla, e quindi migliorare un processo organizzativo puo’ avere risvolti più ampi e decisivi nel rendere un comparto o tutta l’organizzazione più snella ed efficace. Questi progetti non sono quindi solo per le grandi organizzazioni, ma in realtà sono applicabili a tutti i contesti organizzativi. Vanno semplicemente tarati sulle dimensioni organizzative e personalizzati in base alle esigenze. In Italia quindi il vero problema è la mancanza di una visione d’insieme su cosa sia il knowledge management e come praticarlo anche e soprattutto ai fini di business, e questa mancanza di visione avviene nella maggior parte delle organizzazioni. Si agevolano alcuni processi, si adottano soluzioni per migliorare l’archiviazione, la gestione e la condivisione dei documenti, si promuovono iniziative di collaborazione per team di lavoro, troppo spesso semplicemente adottando strumenti che la agevolano, ma magari non si interviene, al di là di momenti di formazione specifica sull’utilizzo degli strumenti e dei sistemi implementati, sul mettere le persone in condizione di cambiare mentalità, approccio e modo di lavorare. Non si interviene cioè sul fattore consapevolezza delle risorse umane che fanno parte del tessuto organizzativo e che sono le uniche a poterlo cambiare e trasformare. Tempi e costi sicuramente influiscono su questa errata valutazione. Un progetto di km prevede necessariamente un investimento e una progettualità organizzativa lungimirante. Il motivo del “fallimento” o dell’abbandono o cattiva gestione delle iniziative intraprese nell’ottica di realizzare una learning e knowledge organization dipende da una visione che privilegia il breve termine. Perché un conto è migliorare una procedura o realizzare un singolo episodio di team collaborativo, un conto è cambiare il modo di lavorare, di vivere l’organizzazione e la propria professionalità, sviluppando un senso di partecipazione e progettualità che sia scambievole tra la stessa organizzazione e gli individui che ne fanno parte. La vera resistenza/ostacolo in Italia è quindi di tipo culturale. E su questo bisogna lavorare principalmente. La nostra azienda, pur rispondendo alle esigenze dei clienti secondo quanto richiedono, fornisce un supporto nell’inquadrare questa tipologia di progetti secondo un quadro che sia appunto lungimirante. 

Quali settori aziendali avvertirebbero maggiormente gli effetti positivi di un Knowledge Management System?
Tutti i settori organizzativi, in realtà, possono avere benefici in generale dall’adozione di pratiche per il km e di un KMS. Perché cambiano il modo di lavorare e di vivere gli obiettivi aziendali, migliorano la collaborazione e la visione d’insieme dell’agire organizzativo e alla lunga modificano e impattano su tutta l’organizzazione, rendendola più fluida, efficiente ed efficace. Procedendo per gradi sicuramente i primi risultati si hanno nel settore marketing e commerciale, che deve velocemente poter maneggiare ed elaborare tutte le informazioni necessarie per capire come muoversi nel proprio mercato per recuperare o mantenere competitività. Ma anche il settore R&D ne ha dei grandi benefici e anzi dovrebbe tendere per sua natura a sentire la necessità di adottare un KMS. Ma lo stesso vale per l’area Risorse Umane o per l’area Amministrativa e Finanza e Controllo. Creare dei gruppi di studio, di lavoro su un determinato focus fornendo un ambiente collaborativo oggi grazie ad alcune soluzioni tecnologiche è relativamente semplice. Lo stesso vale per i sistemi di raccolta, gestione, archiviazione delle informazioni aziendali e per i sistemi di data analysis e cruscottistica che supportano le Direzioni nelle decisioni strategiche aziendali. Il vero salto di qualità semmai è inquadrare questi singoli episodi o iniziative in una metodica, in una pratica aziendale che possa impattare su tutta l’organizzazione facendola evolvere e proiettandola in una dimensione più congrua al periodo che stiamo vivendo e alle necessità emergenti. Un KMS nel suo complesso è un sistema che deve mettere gli utenti in condizione di: accedere, fare ricerche, elaborare i dati e le informazioni, organizzarle, archiviarle, fornire delle forme aggregative di dati provenienti da diverse fonti per effettuare delle analisi e quindi dei ragionamenti per prendere delle decisioni, mettere a disposizione di tutta l’organizzazione questa conoscenza (implicita ed esplicita), individuando le varie finalità di business. E’ quindi fondamentalmente un sistema tecnologicamente integrato, supportato da pratiche aziendali che insegnano e promuovono metodologie e approcci lavorativi di tipo collaborativo, che tutte le forme possibili di interazione e comunicazione interne ed esterne all’organizzazione. Questo significa che un KMS ben progettato ed implementato può agevolare il raggiungimento dei fini aziendali, ma avrà un senso e porterà benefici solo se ben compreso relativamente alle finalità ultime e non solo ai task giornalieri, anche dagli utenti coinvolti. 

Quanto può influenzare il KM per il potenziamento di una strategia di marketing aziendale?
Il km è fondamentale per quest’area, come ho accennato. Perché lo scopo fondamentale è gestire la conoscenza per creare altra conoscenza ai fini del business. La nostra esperienza ci ha portato a definire questo ambito di attività consulenziali e di sviluppo software per l’implementazione di sistemi collaborativi, di document and information management, di business intelligence come progetti per il Business Knowledge Management, appunto focalizzati allo sviluppo delle organizzazioni che li adottano e al raggiungimento degli obiettivi aziendali che si prefiggono. 

Il marketing aziendale è a supporto dell’attività commerciale e della creazione e rinforzo dell’immagine aziendale o di prodotto, sia verso gli stakeholders esterni, che verso quelli interni. Ha un compito quindi molto delicato e finalità trasversali. Necessita di tutte le informazioni necessarie ad elaborare corrette strategie per realizzare gli obiettivi individuati. Tali informazioni devono essere fresche, provenire dalle fonti più disparate e quindi andranno raccolte con gli strumenti adeguati per i vari ambiti di ricerca, in modo da poter essere poi trasformate in conoscenza, che è uno dei valori intangibili delle aziende. Inoltre, una strategia di marketing ha la necessità di monitorare costantemente i risultati delle attività in corso, in modo da poter velocemente elaborare anche dei cambi di rotta o eventuali aggiustamenti in caso di scollamenti o ritardi. Il km fornisce tutti gli strumenti necessari per svolgere questa importante funzione in modo efficace. Ma, come già detto, deve essere approcciato con una visione ampia e applicato per gradi, per poter fornire i risultati sperati. Deve essere lungimirante e nello stesso tempo muoversi con obiettivi di breve termine. Solo così si potrà innescare quella spirale della conoscenza che nei tempi giusti potrà rendere l’organizzazione una learning e poi knowledge organization, leader di competitività in un mercato sempre più difficile da vivere e interpretare.

Quali scenari futuri può avere il Knowledge Management e in che direzione si muoverà? 
Gli scenari auspicati sono quelli che però si vedranno nel lungo periodo, ossia di organizzazioni che avranno imparato a muoversi nel mondo liquido, come Bauman insegna, in continuo e imprevedibile movimento e che sapranno quindi adattarsi, rispondendo energicamente alle sollecitazioni del mercato e della società, senza rimanerne schiacciate. Organizzazioni i cui confini saranno definiti solo dalle relazioni, dai movimenti della conoscenza e dalle transazioni che nasceranno da queste interazioni. Il km porta ad un modo nuovo di vivere l’organizzazione. Un modo nuovo di esprimersi negli ambiti organizzativi e di realizzare gli obiettivi personali che diventeranno anche gli obiettivi aziendali e viceversa. Flessibilità non sarà sinonimo di mancanza di ossatura, ma significherà sapersi orientare con disinvoltura nel proprio mondo di relazioni finalizzate a creare e rigenerare i fini di business e di sviluppo personale. Credo che sia auspicabile una utilizzazione delle modalità e degli strumenti per il km alle attività che le organizzazioni intraprendono in ambito di Corporate Social Responsibility, in particolare relativamente allo sviluppo delle competenze delle persone, così come indicato dalla Comunità Europea. Le imprese che investono in pratiche di CSR, in particolare relativamente allo sviluppo delle Risorse Umane, si rendono maggiormente produttive e competitive. Attività portate avanti secondo i dettami della Responsabilità Sociale d’Impresa comportano effetti diretti ed effetti indiretti. Far crescere la consapevolezza delle persone nel loro ambito lavorativo e professionale agisce infatti sulla motivazione e sul rendimento. Porre attenzione allo sviluppo delle competenze specifiche e trasversali dei propri collaboratori rende le imprese capaci di innovare e quindi di essere maggiormente competitive. Inoltre, un’organizzazione che si muove in modo socialmente responsabile riscuote l’attenzione dei propri stakeholders, tra in quali vanno annoverati investitori e consumatori, perché migliorerà l’immagine e la reputazione d’impresa, oltre a rinforzare il proprio valore etico, che come sappiamo sono i punti di forza sui quali si regge la crescita e lo sviluppo economico della stessa. 

Il KM ha un aspetto filosofico teorico che è la ragione stessa dell’esistenza di questo filone di studi: porre la gestione della conoscenza come valore e finalità suprema in quella che viene definita l’economia della conoscenza, il cui sviluppo diventa volano anche per una crescita economica. Ha poi un aspetto pragmatico che comprende l’implementazione di infrastrutture tecnologiche adeguate per la gestione dei processi che devono ottimizzare o facilitare. Ed infine, un aspetto morale che si rivela nell’attenzione rivolta allo sviluppo delle persone, sia relativamente a competenze specifiche, tecniche, di know how, che trasversali utilizzabili e spendibili in qualsiasi ambito. Matchando questo con i dettami della CSR ogni organizzazione potrà creare un ambiente ottimale interno in cui poter far crescere e tutelare i propri componenti e a sua volta, in un circolo virtuoso, potrà fiorire e competere in quello esterno."



lunedì 20 ottobre 2014

Gestire la conoscenza in azienda: pratiche e sistemi per il Knowledge Management.

Riportiamo l'intervista a Maurizio Masotti di Quattroemme Consulting sul ruolo del Knowledge Management nella nostra economia e sugli ambiti di applicazione di strumenti e metodiche per il KM nelle organizzazioni complesse,  pubblicata sul blog La Spir@le della conoscenza, curato dalla Dott.ssa Rosangela Muscetta, blogger e redattrice in ambito tecnologico-informatico.

L'intervista fa parte del Dossier "L'albero di Lullo", che ha la finalità di approfondire il tema della gestione della conoscenza, analizzandone vari aspetti in diversi ambiti e punti di vista. 

"Per produrre conoscenza, occorre mettere insieme tipologie di sapere molto differenti, e spesso complementari. Parlare di economia della conoscenza consiste nello studio dei processi economici che portano alla generazione di valore economico attraverso l’uso di conoscenze, nelle varie forme che queste possono assumere. Una perfetta rappresentazione simbolica di tutto ciò ci viene data dall’Arbor Scientiae del filosofo Raimondo Lullo per la descrizione della cosiddetta tecnica combinatoria. 
Secondo la sua teoria, infatti, selezionando i termini essenziali, e configurando così con essi una schema di partenza, la concatenazione delle condizioni e delle cause di relazione tra essi consente una perfetta conoscenza della realtà. Questo schema combinatorio veniva dal Lullo raffigurato come un albero, che finiva per diventare anche una mnemotecnica, cioè un metodo per dare sistematicità ed efficienza alla memoria, attraverso cui rappresentare le categorie fondamentali (radici) da cui derivare e ricordare attraverso progressive specificazioni (tronco, diramazioni, foglie, fiori e frutti) tutte le possibili verità.La conoscenza e il suo corretto utilizzo è importante in ogni ambito della nostra realtà, da quello scolastico, a quello aziendale, a quello (in)formativo, a quello amministrativo, seppur con molteplici significati e sfaccettature. Il dossier ‘L’albero di Lullo’ ha come obiettivo quello di raccogliere interviste, proposte e prodotti della conoscenza da condividere e sviluppare, in maniera partecipativa e cooperativa." (dal blog La Spir@le della conoscenza)

"Di Knowledge Management abbiamo parlato con il Dott. Maurizio Masotti di Quattroemme Consulting s.r.l., che da sempre sostiene che un'azienda competitiva è quella che non disperde il patrimonio culturale dei singoli, ma sa come valorizzarlo e reinvestirlo, con l'obiettivo di creare e mantenere un circolo virtuoso di diffusione e creazione di conoscenza, come standard metodologico dell'operare quotidiano.

Knowledge Management: Dott. Masotti, secondo lei, quale è il suo ruolo in una economia globalizzata e perché acquisisce sempre più importanza?
Il km è un metodo, una pratica che nasce e si sviluppa proprio a causa della globalizzazione e con l’avvento e la diffusione di quella che viene definita l’economia della conoscenza, fatta appunto di conoscenze, saperi che si autoalimentano, che circolano liberamente, senza più barriere di tempo e spazio grazie alle tecnologie, in cui il valore e obiettivo al quale tendere è il saper raccogliere questa conoscenza, saperla elaborare per trarne informazioni utili, per creare nuova conoscenza e quindi un vantaggio, quel quid che rende più forti della concorrenza. La globalizzazione ha certamente offerto grandi possibilità di sviluppo economico per le organizzazioni, ma le ha anche rese più incerte riguardo alla proprie strategie per mantenersi competitive. Il km offre questa opportunità: metodi e strumenti per cogliere tutti gli input (conoscenza tacita ed esplicita) che circolano internamente ed esternamente alle organizzazioni e renderli valore, renderli appunto vantaggio sulla concorrenza. 

Perché, secondo lei, solo ora si parla di capitalismo cognitivo?

Perché oggi i tempi sono maturi per parlare di questa nuova fase che è un prodotto dell’avvento dell’era digitale. La fase di transizione che ci ha visti passare dal capitalismo alla knowledge economy è quasi del tutto concluso. Ha comportato grandi sacrifici e adattamenti di cui ancora in questo momento tutti noi ne stiamo vivendo le conseguenze e che non sono certamente facili da sopportare. Nella locuzione capitalismo cognitivo sono compresi propri i termini di quello che c’è in ballo: la ricerca del profitto ottenibile da un nuovo modo di produrre, favorito dalla tecnologia, che è il risultato della messa a fattor comune della conoscenza distribuita. Viviamo in questa era in cui la differenza la fa la governance del knowledge. In cui la differenza la fanno i knowledge workers, le relazioni esterne che intesse l’organizzazione ed interne che la attraversano. In cui la differenza è strettamente legata alle opportunità offerte dalle tecnologie digitali e da Internet. Quindi fermo restando la struttura del sistema capitalistico e del suo fine che è il profitto, quello che è emerso, anzi direi quello che l’evoluzione del capitalismo stesso ha prodotto, è che per essere profittevoli, competitivi, capaci di reagire alle fluttuazioni ormai quasi imprevedibili del mercato, quanto meno nelle tempistiche, è necessaria una modalità diversa di agire, di ascoltare e quindi di interpretare l’ambiente in cui le organizzazioni operano. Oggi quello che fa la differenza sono i beni intangibili. La capacità di essere innovativi e flessibili. L’innovazione che rende puo’ essere certamente di prodotto, ma potrebbe essere anche un nuovo modo di relazionarsi con il proprio pubblico di riferimento, di procedere nella propria attività. Adottare strumenti che agevolano questo cambiamento, che forniscono alle organizzazioni l’opportunità di mantenersi attente e aggiornate su quanto accade intorno a loro e sul potenziale interno, ma soprattutto avere ben chiaro come utilizzarli e con quali finalità, fa la differenza.

Quale è il ruolo dell’IT in questo quadro, e perché le aziende dovrebbero affidarsi alla tecnologia per rendere efficiente il processo di Knowledge Management?

L’IT ha un ruolo fondamentale ovviamente. Nel km tutto ruota intorno all’ innovazione e all’ ottimizzazione dei processi delle varie aree aziendali, al realizzare la giusta infrastruttura tecnologica per realizzare questi obiettivi e al creare un ambiente abilitante per mettere le persone in condizione di cambiare modalità operativa, tenendo presenti le esigenze organizzative, ma guardando la trasformazione dal punto di vista delle persone. Perché poi sono proprio le persone a validare questo cambiamento e a renderlo possibile. Le organizzazioni immerse in un contesto di dati e informazioni devono poterle elaborare in modo che diventino elementi di conoscenza indispensabili ai fini della definizione delle strategie e degli obiettivi aziendali. Devono saper governare questo processo di generazione di conoscenza, sia nell’ambito del patrimonio informativo che posseggono o con cui entrano in contatto, sia del contesto utente. La tecnologia, ossia infrastruttura e strumenti, è quindi, ripeto, imprescindibile nell’attuazione e realizzazione di un progetto di knowledge management. 


In che modo Quattroemme si colloca all’interno di questo quadro? In che modo il Knowledge Management può rivelarsi prezioso per una corretta gestione del cliente?Quattroemme Consulting, fin dal lontano 1987, ha focalizzato la propria attività sulla realizzazione di sistemi per il Groupware, oggi Social Collaboration. Ha poi nel tempo approfondito questi temi avendo lavorato negli anni in rapporto direi di vera partnership con grandi organizzazioni e multinazionali, affiancando le aziende in progetti per intranet, document, content and workflow management, corporate portals, social business, collaboration e ovviamente, aspetto delicatissimo e fondamentale, per data analysis, business intelligence e cruscottistica direzionale. In tali tipologie di progetti non è importante solo puntare ad un miglioramento o addirittura alla creazione di un processo informatizzato, ma bisogna avere una visione ampia del progetto, dagli impatti organizzativi, ai possibili sviluppi ed evoluzioni. Nella gestione delle esigenze delle organizzazioni che si cimentano e credono in progetti per il km o che sanno inquadrare alcune rivisitazioni e integrazioni di processo in quest’ottica, bisogna mantenere un approccio e una visione globali in cui sia prevista l’integrazione di sistemi preesistenti con sistemi e strumenti nuovi, per ottenere un controllo ottimale del processo di creazione della conoscenza aziendale. L’importante è capire che Organizzazione e Persone che ne fanno parte sono un tutt’uno e che per ottenere i risultati sperati da questo tipo di progetti e un ROI è necessario procedere per gradi, ragionare su obiettivi di breve termine, tenendo presente quelli di lungo termine. L’esperienza ci ha portato nel tempo ad affrontare ogni nuovo progetto con questo approccio consulenziale, in modo da poter offrire il miglior servizio possibile in termini progettuali e di realizzazione di prodotti software."

Link all'intervista

mercoledì 15 maggio 2013

Sistemi integrati di content management


Pubblichiamo un altro interessante articolo della Dott.ssa Rosangela Muscetta, knowledge worker, formatrice d'aula, blogger e redattrice in ambito tecnologico-informatico, pubblicato su Info Oggi, sul tema del knowledge management nelle organizzazioni complesse.

http://www.infooggi.it/articolo/sistemi-integrati-di-content-management/42349/

lunedì 24 ottobre 2011

Enterprise 2.0 e piattaforme collaborative - IV parte

Contributo del Dott. Pasquale Santoro, Responsabile Commerciale di Quattroemme.

Strumenti e attività che favoriscono l’adozione di una piattaforma collaborativa in un’ottica Enterprise 2.0

Una soluzione totalmente in linea con quanto descritto fin qui, è la soluzione BKM – Business Knowledge Management di Quattroemme che realizza il Corporate Portal con la gestione dei contenuti, il Virtual Desk, la posta elettronica e l'instant messaging, la gestione documentale in ogni sua forma, completando il sistema con cartelle personali, motore di ricerca, gestione della sicurezza, crittografazione dei dati, firma digitale, acquisizione ottica dei documenti, fax server, archiviazione sostitutiva.

Il sistema è fruibile come SaaS o installabile presso il cliente su qualsiasi sistema operativo e non richiede l'acquisto di ulteriori licenze di altri produttori.

Basato totalmente su tecnologia IBM Lotus Notes/Domino, forse la più antica (quasi venti anni) e completa sul mercato, altamente affidabile e diffusa in centinaia di milioni di utenze in tutto il mondo. La suite BKM risulta estremamente competitiva (le licenze IBM Lotus sono comprese) in quanto di rapida progettazione organizzativa, installazione, formazione, avviamento e dai bassi costi di gestione annuale.

A completamento del progetto di KMS non può mancare la tecnologia che sta ridefinendo il concetto stesso di Business Intelligence, cioè QlikView, tecnologia svedese che tramite tre semplici ed efficaci innovazioni tecnologiche, l'analisi in memoria, la tecnica associativa e l'analisi visuale, consente in pochi giorni di acquisire quella padronanza e conoscenza dei propri dati, del proprio business, della propria azienda sempre sognati e difficilmente ottenuti, anche in seguito ad investimenti consistenti.

L'integrazione tra la suite BKM ed i cruscotti di QlikView favoriscono l’adozione di una piattaforma collaborativa e quindi del modello organizzativo Enterprise 2.0 sotto ogni punto di vista e consentono non soltanto una nuova esperienza nella gestione della collaborazione, dei documenti e delle informazioni, nell'analisi e studio dei propri dati, ma il commento degli stessi, la condivisione delle riflessioni e delle motivazioni a sostegno delle decisioni aziendali.
Perché fondamentale per le organizzazioni è riuscire a trasformare i dati in informazioni, le informazioni in conoscenza, affinando la creatività dei singoli e dell'organizzazione nel complesso per migliorare la capacità di innovare e competere.

Quattroemme, lavora sui temi della collaborazione dal 1987 e su questi temi può offrire consulenza, tecnologie, corsi di formazione sia tecnica sia per lo sviluppo delle competenze trasversali e manageriali che facilitino l’adozione di un approccio Enterprise 2.0.

Si propone come fornitore-partner assicurando il ruolo di "cuscinetto" tra il cliente e le tecnologie, garantendone la conoscenza, la padronanza, la disponibilità per il cliente sia in modalità SaaS (Software as Service), quindi secondo le nuove tendenza del "cloud computing", ma sempre assicurando che le risorse hw e sw siano dedicate al cliente, con gli archivi separati, la sicurezza ai massimi livelli, sia in modalità in-house, semplificando le strutture hw e sw, limitando il numero di piattaforme da gestire, offrendo TCO – Total Cost of Ownership sempre trasparenti e competitivi, magari con un servizio di "soft-outsourcing" cioè di gestione complessiva dei sistemi del cliente da parte del fornitore ma a casa del cliente stesso.

giovedì 15 settembre 2011

Enterprise 2.0 e piattaforme collaborative - II parte

Contributo del Dott. Pasquale Santoro, Responsabile Commerciale di Quattroemme.

Cosa significa "Enterprise 2.0" e quale opportunità rappresenta per le imprese l'adozione di tecnologie web 2.0

Oggi i servizi di tipo web 2.0 forniscono le piattaforme tecnologiche in grado di favorire processi strategici per il futuro delle aziende. Gran parte delle tecnologie e dei linguaggi digitali forniscono un contributo importante allo sviluppo delle aziende, l'adozione di questi strumenti ha permesso ad alcune imprese negli ultimi dieci anni di diventare leader mondiali nei loro settori di riferimento: basti pensare, solo per citarne alcuni: Amazon, eBay, Sap, Oracle, Apple, Facebook, e alla Rim (il produttore dell'onnipresente Blackberry).

Tuttavia il ruolo fondamentale nell'evoluzione sociale del web non sta nella tecnologia fine a se stessa, ma nell'uso che ne fanno le persone: il web 2.0 è uno strumento concreto utile alla condivisione delle conoscenze e alla risoluzione dei problemi organizzativi delle imprese.

La definizione di Enterprise 2.0 consiste quindi in un'innovazione sociale e organizzativa, più che tecnologica. Essa nasce ufficialmente nel 2009 grazie ad Andrew McAfee, uno dei massimi esperti mondiali di web 2.0 e strategie di innovazione digitale per le aziende. L'Enterprise 2.0 consiste nell'uso emergente delle piattaforme di social software da parte delle imprese, allo scopo di favorire il raggiungimento degli obiettivi di business.

La definizione proposta da McAfee è composta da alcune parole chiave che costituiscono la base di riferimento operativa per tutti coloro che vogliono approcciarsi a questa realtà, tra i quali consulenti, formatori, manager aziendali, professionisti della comunicazione e dell'innovazione digitale:

- uso emergente. Ogni giorno il web si arricchisce di nuovi servizi, mashup e applicazioni che moltiplicano le possibilità di condivisione delle informazioni on-line favorendo la partecipazione degli utenti alle attività di condivisione dei contenuti on-line. L'innovazione digitale si configura in questo modo come un ecosistema in continua evoluzione, aperto e pronto ai contributi di ciascun utente. Questo implica l'approfondimento di due aspetti:

dal punto di vista tecnologico, le piattaforme web 2.0, per la loro stessa natura aperta e partecipativa, sono in costante fase beta, pronte cioè ogni giorno ad arricchirsi di nuovi servizi e caratteristiche non presenti fino al giorno precedente. Ne è un esempio Twitter, che integra le sue funzionalità con le applicazioni generate dalle community di sviluppatori. Le piattaforme partecipative imple¬mentate dalle aziende condividono lo stesso tipo di logica aperta e funzionale alle esigenze delle persone che ne usufruiscono;

dal punto di vista sociale, la continua integrazione delle piattaforme di social networking con le applicazioni che ne estendono le funzionalità ampliano le possibilità di utilizzo da parte degli utenti. Tutto si trasforma, in questo modo, in un continuo divenire e quindi in una sfida che le imprese sono chiamate a raccogliere per generare valore a favore di tutti gli stakeholder.

- social software. Questa definizione comprende tutti i programmi e i servizi on-line che consentono agli individui di incontrarsi, interagire, e collaborare in rete, e che per questo favoriscono la creazione e lo sviluppo di community: i social network, i blog e i wiki, per esempio. I contenuti sui quali si basa l'interazione vengono stabiliti dagli stessi membri delle community. Questa modalità bottom-up di relazionarsi online si contrappone al tradizionale approccio top-down, in cui i ruoli degli utenti sono rigidamente determinati dalle gerarchie interne dell'organizzazione e circoscritti sulla base di obiettivi definiti a priori e regolati da specifici meccanismi software. Il termine social software non ha solo connotazione tecnica ma anche ideologica, poiché si contrappone alla chiusura della produzione della conoscenza e dello sviluppo di interazioni per abbracciare i concetti di intelligenza sociale e open content. Le recenti evoluzioni nell'approccio all'utilizzo del social software stanno determinando un'evoluzione di questi sistemi verso il software collaborativo, che è alla base delle piattaforme Enterprise 2.0, sviluppate con lo specifico obiettivo di implementare i sistemi di lavoro basati sulla cooperazione;

- obiettivi di business: le attività collaborative consentono lo scambio di informazioni tra le community on-line. Questo approccio olistico dell'organizzazione aziendale favorisce sia le attività di comunicazione interna, sia quelle rivolte all'esterno. Coinvolge tutti gli stakeholder dell'impresa, ne favorisce la flessibilità e rafforza i suoi meccanismi di reazione alle mutevoli sfide dei mercati.

L'Enterprise 2.0, quindi, cambia i modelli organizzativi dell'impresa; si tratta di un processo in cui il ruolo delle tecnologie è principalmente quello di favorire e veicolare il funzionamento di processi che alla base sono esclusivamente di tipo social driven.

martedì 25 gennaio 2011

Persone, Informazioni, Documenti, Dati. Serve una soluzione integrata per gestire, condividere e collaborare.

Il Dott. Pasquale Santoro, Resp. Commerciale di Quattroemme, durante l'evento OMAT 2010 che si è tenuto a Roma lo scorso novembre, nel convegno "Segnali dal futuro: catturare l'energia dai flussi documentali digitali", moderatrice la Dott.ssa Roberta Raimondi, docente alla Bocconi School of Management, ha tenuto un intervento dal titolo "Persone, Informazioni, Documenti, Dati. Una soluzione integrata per gestire, condividere, collaborare: il virtual desk, dal document management al dashboard", nel quale ha illustrato come un sistema di content and document management, integrato al sistema di unified communication, pone le basi per la creazione di un vero e proprio Knowledge Management System.

In un KMS adeguato non deve mancare la possibilità che il singolo utente del sistema, possa organizzare i documenti e le informazioni a uso e consumo suo e del proprio team, oltre a potervi accedere da ogni luogo e con ogni mezzo, a prescindere da come l'azienda gestisce e archivia informazioni e documenti.

Ad esempio, si dovrebbero avere Cartelle Personali e di Gruppo nelle quali aggregare email, documenti e bookmarks (come "links" ai documenti originali) reperibili dai vari "silos" aziendali o da applicazioni specifiche (ad es. Protocollo Informatico) oppure reperibili con un unico e potente motore di ricerca full-text tradizionale o più avanzato, di tipo semantico.

Notevole importanza è data anche alla semplicità d'uso, all'ergonomia dell'interfaccia grafica, perchè la complessità di un KMS è tale che non sempre ne risulta semplice l'utilizzo, specie quando il KMS è composto aggregando ed integrando molteplici tecnologie. Si stanno affermando tecnologie dove non si parla più di Graphics User Interface (GUI) ma di "User Experience".

Se l'azienda può trovare oggi nel Corporate Portal la sua corrispondente Azienda Virtuale, la persona (o meglio il knowledge worker) trova nel Virtual Desk il suo posto di lavoro ideale da dove poter governare ed utilizzare al meglio il patrimonio di informazioni e documenti, la comunicazione diretta ed indiretta, le proprie attività aziendali e personali.

Dal Virtual Desk si deve poter accedere con facilità anche al DashBoard di interesse che riguarda il core business, agli strumenti di reportistica, di studio e analisi dei dati dove poter trarre informazioni utili, strategiche, importanti da poter condividere e depositare nel KMS. Grazie a tecnologie innovative, oggi è possibile avere sistemi di Business Intelligence rapidi, efficaci, che consentono una navigazione nelle informazioni senza schemi precostituiti. Sono sistemi "intelligenti" perché riescono a "seguire" l'analista del business nei suoi ragionamenti man mano che consulta e seleziona dati, attivando processi cognitivi diversi ed originali.

In sintesi, tale sistema comprende:
- Corporate Portal (= Azienda Virtuale)
- Content & Document Management
- Protocollo informatico, Fax server, PEC - Posta Elettronica Certificata
- Virtual Desk (= Posto di lavoro)
- Posta elettronica ed Instant Messaging
- PIM - Personal Information Manager
- Cartelle personali
- Motore di ricerca globale, full-text e semantico
- Dashboard, EIS - Executive Information System, DSS - Decision Support System, reportistica


venerdì 11 giugno 2010

Strumenti di misurazione e valutazione di un progetto di knowledge management

Per "fare" knowledge management nelle organizzazioni bisogna intervenire a livello organizzativo, tecnologico e formativo.

Gli strumenti per valutare l’efficacia di un progetto di knowledge management, quindi, possono essere diversi in base al tipo di aspetto che si va a prendere in considerazione. Proprio per questo, prima di tutto, è necessario definire bene l’ambito di analisi e gli obiettivi dell’indagine.

Considerando che quello che può interessare riguarda macroscopicamente un’ottimizzazione dei processi aziendali ai fini di un incremento del valore aziendale, che sia anche economicamente e finanziariamente riscontrabile in termini di risparmio, eliminazione di sprechi, rafforzamento di competenze, miglioramento dell’offerta (prodotti o servizi), per il mantenimento di quella competitività necessaria a rispondere ai richiami del mercato di riferimento, gli strumenti di rilevazione e monitoraggio in un progetto per il km possono essere di varia natura.

L’attività di rilevazione e monitoraggio deve essere prevista a monte quando si vara un progetto di knowledge management. Questo fa sì che gli strumenti facilitatori (Knowledge Management Systems) scelti e adottati abbiano già insite delle funzionalità adatte a questo scopo.

E’ però necessario precisare che un progetto di knowledge management ha a che fare essenzialmente con la gestione di:

- conoscenza esplicita, ossia quella codificata e codificabile
- conoscenza tacita, propria di ogni individuo e legata a fattori personali e circostanziali

quindi:

Conoscenza esplicita --> dati --> strumenti tecnologici

Conoscenza tacita --> persone --> metodologie sia per la creazione di conoscenza che per la rilevazione dei risultati


Nel primo caso si adotteranno essenzialmente strumenti tecnologici per andare a raccogliere e trattare tutti quei dati che circolano nei sistemi informativi aziendali, quali ad es. strumenti di business intelligence (analisi dati, cruscotti direzionali) o di workflow analysis (che consentono l’analisi dei flussi di lavoro a procedura informatica).

Nel secondo caso, invece, verranno utilizzati sia strumenti tecnologici mirati a favorire la comunicazione tra le persone e la condivisione di informazioni e documenti, sia strumenti di tipo metodologico mirati ad agevolare la creazione di un modus operandi più efficace e ad educare le persone a stabilire relazioni impostate per un reale scambio di conoscenze, quali ad es. creazione di comunità di pratica, attività di team building, mappatura delle competenze. Inoltre, in quest’ultimo ambito, può essere prevista l’analisi delle relazioni innescate o già presenti in azienda (reti sociali e organizzative) per rilevare nodi di competenza specifici o flussi di comunicazione informale strategici ai fini dell' individuazione e raccolta della conoscenza utile per l’organizzazione (software per la Social Network Analysis).

I Sistemi di Knowledge Management (KMS) possono essere classificati in tre grandi gruppi:

1. Sistemi orientati al lavoro collaborativo, che, tramite le opportune soluzioni tecnologiche, sciolgono i vincoli comunicativi ed abbattono le barriere spazio-temporali che inevitabilmente circoscrivono l’agire lavorativo delle organizzazioni;

2. Sistemi orientati alla strutturazione della conoscenza, esclusivamente focalizzati sulle persone che fanno parte dell’organizzazione, utili affinché si inneschi quel processo virtuoso di scambio di conoscenze ed esperienze che sta alla base della creazione di ulteriore conoscenza e che promuovono e sostengono nuove e più efficaci modalità lavorative;

3. Sistemi integrati di Knowledge Management, secondo un duplice aspetto. Da un lato perché non si può prescindere dall’infrastruttura informatica preesistente nelle organizzazioni, primaria fonte della conoscenza aziendale, dalla quale è possibile attingere le informazioni utili e sulla quale si interviene per migliorarne le potenzialità informative attraverso la system integration o l’introduzione di tecnologie che favoriscano la ricerca e la fruizione delle informazioni che servono, dall’altro perché non si può pensare ad un progetto di knowledge management che preveda interventi tecnologici e organizzativi (quindi di struttura) non considerando interventi sulle risorse umane dell’azienda, ossia i knowledge workers senza i quali non si potrebbe neanche parlare di “conoscenza aziendale”.

venerdì 2 aprile 2010

Come realizzare un Knowledge Management System

Contributo di Maurizio Masotti, Amministratore Unico di Quattroemme

Premessa
Si osserva oggi, all'inizio del 2010, una situazione di forte evoluzione del modo di pensare, progettare e fruire le soluzioni informatiche.
Le tecnologie della comunicazione, i collegamenti a banda larga, il cosidetto "web 2.0" consentono di lavorare, studiare, giocare, socializzare virtualmente da ogni luogo, con persone sparse ovunque.

Ormai la diffusione dei computer e degli accessi a Internet nelle case è elevata al punto che perfino le incombenze quotidiane ne sono influenzate: dobbiamo andare al cinema? Prenotare un viaggio? Pagare la bolletta? Scrivere ad amici e parenti? Trovare amicizie professionali e non? Passare il tempo? Tenerci informati? Studiare? Lavorare?

Tutto questo, o quasi, fino a qualche tempo fa era possibile solo dai luoghi di lavoro e solo se si lavorava in aziende tecnologicamente avanzate. Oggi da casa spesso si può fare anche molto di più di quello che il nostro luogo di lavoro ci consente, dove politiche restrittive o inadeguatezza tecnologica ed organizzativa rendono "sorpassato" l'ambiente professionale rispetto a quello consumer.

Grazie alle tecnologie web 2.0 oggi abbiamo la grande opportunità di interagire nel web, di essere non solo fruitori ma anche creatori di contenuti: dai wiki, ai blog, agli archivi aziendali dove poter depositare informazioni e conoscenze, ai "social network" dove tutto cresce e si alimenta, per definizione, grazie ai contenuti degli utenti.

Il "web 2.0" è quindi sinonimo di "partecipazione".

Innovazione tecnologica
L'innovazione tecnologica consente oggi quanto sopra descritto ma, spesso, ci si trova in casi dove si percepisce nettamente che le organizzazioni potrebbero essere più efficaci ed efficienti se rivedessero i propri processi in ottica di migliore sfruttamento delle possibilità che la tecnologia propone.

Quasi sempre si cerca di introdurre una tecnologia per risparmiare tempo e risorse, per far sì che la persona faccia presto e meglio il suo lavoro, il computer stesso è sinonimo di "presto e meglio" rispetto ai vecchi strumenti d'ufficio, così come il fax e l'e-mail rispetto alla posta cartacea. Negli ultimi anni si è dato ampio spazio ai sistemi che migliorano i processi, vedi i sistemi ERP - Enterprise Resources Planning in cui il vecchio concetto meccanografico della "Contabilità, del Magazzino, della Produzione, della Fatturazione" è stato trasformato in un insieme di programmi e di funzioni che non solo coprono i vecchi temi, ma consentono alle aziende di inserire le regole organizzative e di processo per far sì che l'organizzazione funzioni secondo regole definite.

Ma i sistemi ERP sono tra i pochi che veramente hanno cercato di plasmare le organizzazioni, per il resto si è quasi sempre lasciato che le orgaizzazioni si organizzassero spontaneisticamente o quasi.

Le situazioni più diffuse
Pensando al mercato nel suo complesso, dalle Grandi Aziende alle PMI, le situazioni più diffuse sono quelle dove le aziende si sono dotate di un sistema ERP (perchè core business), di un sistema di posta elettronica (perchè indispensabile), di qualche sistema di condivisione di file e cartelle in server aziendali, di altri programmi specializzati come i sistemi di CRM - Customer Relationhip Management (per la gestione dei clienti) e di gestione documentale (quasi sempre in seguito a normative, come per il Protocollo Informatico o l'Archiviazione Sostitutiva).

Naturalmente le aziende si sono tutte, grandi medie piccole o piccolissime, dotate di potenti computer, di sofisticatissimi programmi di office automation, di telefonini di ultima generazione, di connessioni ad Internet in larga banda.


La crisi economica ed il settore ICT

Il settore ICT ha avuto tra la fine del vecchio millennio ed i primi anni del nuovo il suo massimo livello di espansione. Il Millennium Bug, l'introduzione dell'Euro, l'avvento di Internet, l'Internet interattiva, il Mobile Computing... hanno contribuito alla crescita esponenziale del settore ICT che ha potuto assorbire un numero enorme di addetti. Ma come ogni crescita rapida ed elevata, anche quella del settore ICT ha nascosto fenomeni speculativi che hanno iniziato a dare i primi sintomi di evidenza già da diversi anni.

Poi è arrivata la crisi mondiale che ha colpito tutto e tutti e che ha fortemente accelerato la crisi del settore ICT forse rimasto troppo ancorato, nel frattempo, a visioni tecnocratiche e anticamente "informatiche" delle aziende e delle soluzioni realizzabili per esse.

Si è arrivati quindi ad osservare oggi che molti responsabili informatici hanno difficoltà nell'ottenere nuovi investimenti perchè è difficoltoso descrivere quali saranno i ritorni degli stessi (ROI), visto che ovunque tutti hanno hardware e software in abbondanza. Si potrebbe dire che si è comprato tutto che quello che si poteva comprare. Si è, quindi, in una situazione di stallo dovuta al fatto che o non si spende perchè l'azienda è in crisi, o si spende solo se si risparmia da subito, o si cerca di mantenere lo "status quo" cercando fortemente di ridurre i costi annuali di gestione. Questo comporta che i clienti hanno acquisito un notevole potere contrattuale nei confronti dei fornitori, sempre più in concorrenza tra loro e sempre più costretti non solo a ridurre i margini, ma a volte a lavorare sottocosto, pur di lavorare.

Nel 2009 hanno chiuso 12.000 aziende nel settore ICT in Italia (fonte IDC). Come ne usciamo? . Rendiamo la nostra azienda più competitiva. Le tecnologie non mancano e sono le organizzazioni che devono migliorare. Basta prendere la posta elettronica per capire come sia diventata un sistema di distribuzione oltre che di messaggi eterogenei, anche di documenti che hanno il solo scopo di circolare in più copie senza regole di distribuzione, di gestione, tantomeno di archiviazione.

Generalmente siamo ottimi produttori di documenti in formato digitale, ma la gestione di questi nel loro intero ciclo di vita è spesso affidata alla posta elettronica, tramite la quale i documenti vengono trattati in modo molto simile a quelli cartacei che volevano sotituire. Dov'è l'ultima copia approvata? Dov'è quella inviata al cliente? Dove archivio i documenti che mi arrivano?

La posta elettronica va vista come una componente di comunicazione di un sistema globale di gestione dei documenti e delle informazioni. Solo così sarà possibile far circolari messaggi con "il collegamento" al documento e non con il documento stesso allegato. Se esiste "il collegamento" al documento vuol dire che:
- ne esiste una sola copia dello stesso, che contiene le informazioni sulla versione, sull'autore, sulle approvazioni, sui collegamenti ad altri documenti;
- che esiste un archivio preposto a memorizzare quel tipo di documento oppure quel documento in quella fase del suo ciclo di vita.

Troppo banalmente spesso si crede possibile ottenere questi risultati dalle semplicistiche soluzioni di file-sharing, dove cartelle gerarchiche consentono l'accesso da più computer collegati in rete.
Un sistema di content and document management integrato con la posta elettronica e l'instant messaging consente, in modalità intranet o internet, di interagire con e far interagire le persone tra loro. Sarà quindi più facile comunicare, condividere e collaborare, fornendo documenti ed informazioni, arricchendo i colleghi, l'azienda, se stessi, di nuove conoscenze.

I processi saranno fluidi ed efficienti, rapidi e migliori per clienti interni ed esterni, l'azienda sarà quindi percepita meglio e vissuta con più partecipazione dai suoi membri e riuscirà a competere meglio sul mercato sempre più agguerrito ed innovativo.

Informazioni e dati
Il sistema di content and document management, integrato al sistema di unified communication, pone le basi per il Knowledge Management System. In un KMS adeguato non deve mancare la possibilità che il singolo utente del sistema, oltre a poter accedere da ogni luogo e con ogni mezzo, possa organizzare i documenti e le informazioni a suo uso e consumo, suo e del proprio team, a prescindere da come l'azienda ha necessità di gestire ed archiviare informazioni e documenti. Ad esempio, si dovrebbero avere cartelle personali e di gruppo dove aggregare e-mail, documenti e bookmarks (tutto sempre come "link" agli originali) reperibili dai vari "silos" aziendali o da applicazioni specifiche come il Protocollo Informatico, reperibili con un unico e potente motore di ricerca full-text tradizionale o più avanzato, di tipo semantico.

Notevole importanza è data anche alla semplicità d'uso, all'ergonomia dell'interfaccia grafica, perchè la complessità di un KMS è tale che non sempre ne risulta semplice l'utilizzo, specie quando il KMS è composto aggregando ed integrando molteplici tecnologie. Si stanno affermando tecnologie dove non si parla più di Graphics User Interface (GUI) ma di... User Experience...

Se l'azienda può trovare oggi nel Corporate Portal la sua corrispondente Azienda Virtuale, la persona (o meglio il knowledge worker) trova nel Virtual Desk il suo posto di lavoro ideale da dove poter governare ed utilizzare al meglio il patrimonio di informazioni e documenti, la comunicazione diretta ed indiretta, le proprie attività aziendali e personali.

Dal Virtual Desk di deve poter accedere con facilità anche al DashBoard di interesse che riguarda il core business, agli strumenti di reportistica, di studio e analisi dei dati dove poter trarre informazioni utili, strategiche, importanti da poter condividere e depositare nel KMS. Grazie a tecnologie innovative, oggi è possibile avere sistemi di Business Intelligence rapidi, efficaci, che consentono una navigazione negli stessi senza schemi precostituiti, che riescono quindi a seguire l'analista del business nei suoi ragionamenti che, man mano che consulta e seleziona dati, attiva processi cognitivi diversi ed originali.

Fornitore vs. Partner
In questo scenario si stanno affermando le nuove soluzioni fruibili via internet gratuite o in modalità pay per use, che per comodità potremmo tradurre in "noleggio operativo, paghi quanto consumi". Se qualche anno fa ha avuto un certo successo l'outsourcing,, cioè il demandare ad aziende specializzate la gestione di tutto o parte del proprio sistema informativo, oggi l'outsourcing lo ritroviamo concettualmente riproposto sotto forma di cloud computing che altro non è, appunto, che una nuova forma di outsourcing, cioè di affidamento a terzi di alcune componenti del proprio sistema, cercando di avere più vantaggi che svantaggi. Lo scopo è sempre fondamentalmente lo stesso: cercare di abbattere i costi dei sistemi, i TCO che ogni componente richiede tra costi di acquisto, di progetto, di implementazione, di gestione, di evoluzione.

Le tecnologie evolvono sempre più rapidamente ed il ciclo di vita delle competenze è sempre più breve, è quindi sempre più difficile essere aggiornati e stare al passo con l'innovazione. Se a questo aggiungiamo le ristrettezze economiche che non consentono investimenti in formazione come sarebbe necessario, abbiamo una situazione particolarmente critica in cui le aziende hanno sempre la necessità di dover spendere meno, la sensazione di non essere mai aggiornati a sufficienza, che c'è sempre una qualche innovazione tecnologica vissuta come una chimera, una panacea di tutti i propri mali.

Diventa vitale che l'antico "fornitore di informatica" si trasformi in consulente, vero e proprio partner del cliente, capace di capirne il business, il linguaggio e le sue esigenze al fine di varare congiuntamente progetti per migliorare le prestazioni e la redditività, per ottenere il miglior rapporto costi/benefici dalle soluzioni adottate, per ridurre i TCO dei vari componenti, liberando risorse utili alla formazione ed agli investimenti.

Il fornitore-partner dovrà assicurare il ruolo di "cuscinetto" tra il cliente e le tecnologie, garantendone la conoscenza, la padronanza, la disponibilità per il cliente sia in modalità SaaS (Software as Service), quindi secondo le nuove tendenze del "cloud computing", ma sempre assicurando che le risorse hw e sw siano dedicate al cliente, con gli archivi separati, la sicurezza ai massimi livelli, oppure in modalità in-house, semplificando le strutture hw e sw, limitando il numero di piattaforme da gestire, offrendo TCO sempre trasparenti e competitivi, magari con un servizio di "soft-outsourcing" cioè di gestione complessiva dei sistemi del cliente da parte del fornitore ma a casa del cliente stesso.

Soluzione
Una soluzione totalmente in linea con quanto descritto fin qui, è la soluzione BKM - Business Knowledge Management di Quattroemme che realizza il Corporate Portal con la gestione dei contenuti, il Virtual Desk, la posta elettronica e l'Instant Messaging, la gestione documentale in ogni sua forma, completando il sistema con cartelle personali, motore di ricerca, gestione della sicurezza, crittografazione dei dati, firma digitale, acquisizione ottica dei documenti, fax server, archiviazione sostitutiva. Il sistema è fruibile come SaaS o installabile presso il cliente su qualsiasi sistema operativo e non richiede l'acquisto di ulteriori licenze di altri produttori. Basato totalmente su tecnologia IBM Lotus Notes/Domino, forse la più antica (quasi venti anni) e completa sul mercato, altamente affidabile e diffusa in centinaia di milioni di utenze in tutto il mondo.

La suite BKM risulta estremamente competitiva (le licenze IBM Lotus sono comprese) in quanto di rapida progettazione organizzativa, installazione, formazione, avviamento e dai bassi costi di gestione annuale. A completamento del progetto di KMS non può mancare la tecnologia che sta ridefinendo il concetto stesso di Business Intelligence, cioè QlikView, tecnologia svedese che tramite tre semplci ed efficaci innovazioni tecnologiche, l'analisi in memoria, la tecnica associativa e l'analisi visuale, consente in pochi giorni di acquisire quella padronanza e conoscenza dei propri dati, del proprio business, della propria azienda sempre sognati e difficilmente ottenuti, anche in seguito ad investimenti consistenti.

L'integrazione tra la suite BKM ed i cruscotti di QlikView completano il KMS sotto ogni punto di vista e consentono non soltanto una nuova esperienza nella gestione della collaborazione, dei documenti e delle informazioni, nell'analisi e studio dei propri dati, ma il commento degli stessi, la condivisione delle riflessioni e delle motivazioni a sostegno delle decisioni aziendali. Fondamentale è riuscire a trasformare i dati in informazioni, le informazioni in conoscenza, affinando la creatività dei singoli e dell'organizzazione nel complesso per migliorare la capacità di innovare e competere.

La suite BKM di Quattroemme è certificata da IBM ed è acquistabile anche sul mercato elettronico della Pubblica Amministrazione, http://www.acquistinretepa.it