venerdì 4 dicembre 2009

I nuovi confini organizzativi

«Liquido» secondo Zygmunt Bauman , che ha introdotto l’aggettivo nella Teoria sociale, descrive la precarietà e l’incertezza della condizione umana moderna, che distrugge legami e relazioni e nella quale gli individui non possono concretizzare i propri risultati in beni duraturi. Tutto invecchia precocemente, prevale la vulnerabilità e perfino la paura. E’ il Runaway world di Giddens, descritto in Runaway World: How Globalization is Reshaping Our Lives nel 2003,

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un mondo inafferrabile che cambia vorticosamente o la BLUR Economy di Davies e Mayer di cui gli autori parlano nel libro Blur: The Speed Of Change In The Connected Economy del 2000,

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che è un’economia dall’apparenza confusa, con una forma indistinta, fatta di “ragnatele” sempre più ampie e permeabili, in un mondo dai confini fluidi, privo di certezze, complesso, turbolento, carico di rischi, ma anche di opportunità, in cui cade la separazione tra prodotto e servizio, tra venditore e consumatore, in cui emerge la figura del prosumer (producer+consumer), tra fornitore e distributore, tra alleato e concorrente (co-opetition) e in cui la conoscenza è il vero asset e il lavoratore colui che contribuisce a creare il valore delle organizzazioni.

Nei suoi ultimi lavori, Bauman ha tentato di spiegare la “postmodernità” usando le metafore di modernità “liquida” e “solida”. Nei suoi libri sostiene che l'incertezza che attanaglia la società moderna deriva dalla trasformazione dei suoi protagonisti da produttori a consumatori, per cui si parla di marketing liquido. Una vita “liquida” sempre più frenetica è costretta ad adeguarsi alle attitudini del gruppo per non sentirsi esclusa. L'esclusione sociale elaborata da Bauman non si basa più sull'estraneità al sistema produttivo o sul "non poter comprare l'essenziale", ma sul "non poter comprare per sentirsi parte della modernità". L'individuo si sente frustrato se non riesce a sentirsi "come gli altri", se non si sente accettato nel ruolo di consumatore.

Bauman definisce Internet un mondo di solitudine, paura e narcisismo, il luogo in cui trovare una compensazione per le sconfitte e le umiliazioni causate dalla vita "reale". Per Bauman, la rete è solo "una potente via si fuga dalle difficoltà e dalle tribolazioni della vita reale". Una sorta di companatico ultratech del nuovo millenno, l'ultimo male del lusso che serve a milioni di persone solo come panacea di un fortissimo disagio psicologico che affligge la società. Passando alla disamina del web 2.0 e del social network, lo definisce un mondo popolato da individui narcisi, i quali sfogano "la loro passione politica senza impegnarsi, in processi di partecipazione quasi mai efficaci". E per i blogger, che sono un po' il simbolo di questo nuovo web, arriva la sua considerazione più dura:
“credo che l’unica funzione dei blog sia di consentire agli utenti di vedere
celebrati se stessi e i propri interessi al pari dei ‘personaggi tv’, secondo i
parametri con i quali obbligatoriamente oggi si misura la qualità e la rilevanza
della realtà nel suo complesso”.
Una sorta di cannibalismo tra simili portato all'ennesima potenza.

Queste considerazioni possono essere valide nella dimensione “casalinga”, ma in ambito organizzativo, in realtà, la visione apocalittica che ne viene data ha il suo rovescio della medaglia. Il partecipare è soprattutto opportunità per ottenere (lato organizzazione) e per raggiungere (lato singoli individui) una maggiore consapevolezza e responsabilità. Gli stessi strumenti che in una sfera individuale possono risolvere il bisogno di uscire dall’isolamento, producendo paradossalmente esattamente l’opposto, attraverso l’alimentazione e la creazione di un surrogato di vita sociale che in realtà è solo “virtuale”, in ambito organizzativo producono le condizioni affinché possano essere agevolati gli scambi, andando a governare un flusso di comunicazione che esiste e che va gestito, affinché non vengano disperse le potenzialità insite.

Le organizzazioni sono in continuo movimento poiché agiscono in un ambiente che è in continuo movimento e sono quindi definite "liquide" al pari dell'amnbinete nel quale si sviluppano, perché caratterizzate da relazioni anch'esse in movimento, che ne ridefiniscono i confini stessi. In questo senso l’organizzazione è liquida perché le condizioni in cui le persone si trovano ad operare si modificano con una velocità maggiore rispetto alla capacità delle persone stesse di consolidare abitudini e metodi. Questo fluire continuo di trasformazioni aumenta il senso di precarietà e incertezza, di timore di rimanere indietro.

L’apprendimento in questo contesto diventa strategico e assume sempre più la caratteristica di un processo. Per questo, superando i vecchi paradigmi che vedevano l’organizzazione come un’entità rigida, burocratizzata e schematizzabile, in una realtà così mutevole il business knowledge management, ossia la gestione della conoscenza nelle imprese finalizzata alla loro prosperità, rappresenta uno strumento per contenerne la vulnerabilità che ne consegue. Le tendenze future e gli ambiti di sviluppo di questo approccio coinvolgono sia gli aspetti tecnologici che quelli relativi alle persone, sempre nell’ottica di individuare ciò che serve ed è utile per creare un modus operandi adeguato alle esigenze operative e strategiche delle imprese.