martedì 21 ottobre 2014

Il Knowledge Management, prassi applicabile dal Marketing alle attività per la Corporate Social Responsibility

E' stata pubblicata sul blog La Spir@le della conoscenza, nell'ambito del Dossier "L'albero di Lullo", una intervista della Dott.ssa Rosangela Muscettablogger e redattrice in ambito tecnologico-informaticoalla sottoscritta sugli ambiti applicativi del Knowledge Management nelle organizzazioni complesse e in particolare nel Marketing Knowledge Management. Si è anche parlato dei possibili sviluppi del KM, dell'opportunità di applicarne principi e pratiche anche nel campo della Corporate Social Responsibility, per lo sviluppo delle Risorse Umane.

"Di Knowledge Management per il potenziamento del marketing aziendale, degli ambiti applicativi, dei possibili sviluppi futuri abbiamo parlato con la Dott.ssa Anita Fabbretti, Marketing Communication Manager di Quattroemme Consulting s.r.l..

La diffusione del Knowledge Management in Italia non sembra ancora essere così massiccia. Quali sono secondo Lei le cause? Perché le aziende italiane non sembrano ancora del tutto pronte per questo passo? In realtà bisogna saper interpretare quanto accade al di là di schemi rigidi. Le grandi organizzazioni, perlopiù multinazionali, e questo va sottolineato, in modo esplicito parlano di implementazione di sistemi per il km già da diversi anni. Soprattutto all’estero, da cui è partito il filone di studi e di applicazione del km, si ha ben chiaro cosa sia in ambito organizzativo, come va inquadrato, gestito e realizzato un progetto di questo genere. E questo si riflette nelle filiali mondiali delle aziende americane o di altri Paesi più maturi del nostro in questo ambito oppure in tutte quelle aziende italiane che si sono internazionalizzate. 

Elementi cardine dei progetti per la gestione della conoscenza in ambito organizzativo sono i processi, la tecnologia e le persone. I processi aziendali sono l’essenza stessa dell’organizzazione, il suo modo di esprimersi e muoversi nel contesto di riferimento interno ed esterno, ne configurano, alimentano e sostengono, validandola, la struttura. La tecnologia è il fattore abilitante, il mezzo attraverso il quale l’azienda ottimizza le proprie procedure e realizza il ROI. Esistono tecnologie maggiormente “portate” ad essere la soluzione migliore per la realizzazione di knowledge management systems, ma quello che è fondamentale è la progettazione a livello architetturale di tutto l’ambiente, più che la piattaforma tecnologica di sviluppo. Un KMS efficace prevede l’integrazione di svariate tecnologie e strutture informatiche, nuove o già in essere. Non è necessario, se non in casi limite, costruire da zero un sistema informatico di raccolta, ricerca, gestione, elaborazione ed archiviazione dei dati e delle informazioni quale è un vero kms. Il terzo elemento sono le persone, ossia l’anima, il cuore e il cervello di ogni organizzazione, elementi attraverso cui tutto passa e tutto viene creato. I knowledge workers fanno la differenza in un progetto per il knowledge management. E sui knowledge workers va tarato un progetto per il km che possa fornire dei risultati e non morire nelle intenzioni degli sponsor interni del progetto. 

Partendo da queste premesse è possibile dare una risposta. Il nostro tessuto economico è caratterizzato prevalentemente da PMI, che nel loro operare spesso realizzano pezzetti di sistemi per il km al fine di migliorare le proprie performance o per soddisfare richieste specifiche legate ad adempimenti necessari. Ma molte di queste organizzazioni, anche a causa della loro stessa natura, non hanno consapevolezza che migliorare una procedura, informatizzarla, e quindi migliorare un processo organizzativo puo’ avere risvolti più ampi e decisivi nel rendere un comparto o tutta l’organizzazione più snella ed efficace. Questi progetti non sono quindi solo per le grandi organizzazioni, ma in realtà sono applicabili a tutti i contesti organizzativi. Vanno semplicemente tarati sulle dimensioni organizzative e personalizzati in base alle esigenze. In Italia quindi il vero problema è la mancanza di una visione d’insieme su cosa sia il knowledge management e come praticarlo anche e soprattutto ai fini di business, e questa mancanza di visione avviene nella maggior parte delle organizzazioni. Si agevolano alcuni processi, si adottano soluzioni per migliorare l’archiviazione, la gestione e la condivisione dei documenti, si promuovono iniziative di collaborazione per team di lavoro, troppo spesso semplicemente adottando strumenti che la agevolano, ma magari non si interviene, al di là di momenti di formazione specifica sull’utilizzo degli strumenti e dei sistemi implementati, sul mettere le persone in condizione di cambiare mentalità, approccio e modo di lavorare. Non si interviene cioè sul fattore consapevolezza delle risorse umane che fanno parte del tessuto organizzativo e che sono le uniche a poterlo cambiare e trasformare. Tempi e costi sicuramente influiscono su questa errata valutazione. Un progetto di km prevede necessariamente un investimento e una progettualità organizzativa lungimirante. Il motivo del “fallimento” o dell’abbandono o cattiva gestione delle iniziative intraprese nell’ottica di realizzare una learning e knowledge organization dipende da una visione che privilegia il breve termine. Perché un conto è migliorare una procedura o realizzare un singolo episodio di team collaborativo, un conto è cambiare il modo di lavorare, di vivere l’organizzazione e la propria professionalità, sviluppando un senso di partecipazione e progettualità che sia scambievole tra la stessa organizzazione e gli individui che ne fanno parte. La vera resistenza/ostacolo in Italia è quindi di tipo culturale. E su questo bisogna lavorare principalmente. La nostra azienda, pur rispondendo alle esigenze dei clienti secondo quanto richiedono, fornisce un supporto nell’inquadrare questa tipologia di progetti secondo un quadro che sia appunto lungimirante. 

Quali settori aziendali avvertirebbero maggiormente gli effetti positivi di un Knowledge Management System?
Tutti i settori organizzativi, in realtà, possono avere benefici in generale dall’adozione di pratiche per il km e di un KMS. Perché cambiano il modo di lavorare e di vivere gli obiettivi aziendali, migliorano la collaborazione e la visione d’insieme dell’agire organizzativo e alla lunga modificano e impattano su tutta l’organizzazione, rendendola più fluida, efficiente ed efficace. Procedendo per gradi sicuramente i primi risultati si hanno nel settore marketing e commerciale, che deve velocemente poter maneggiare ed elaborare tutte le informazioni necessarie per capire come muoversi nel proprio mercato per recuperare o mantenere competitività. Ma anche il settore R&D ne ha dei grandi benefici e anzi dovrebbe tendere per sua natura a sentire la necessità di adottare un KMS. Ma lo stesso vale per l’area Risorse Umane o per l’area Amministrativa e Finanza e Controllo. Creare dei gruppi di studio, di lavoro su un determinato focus fornendo un ambiente collaborativo oggi grazie ad alcune soluzioni tecnologiche è relativamente semplice. Lo stesso vale per i sistemi di raccolta, gestione, archiviazione delle informazioni aziendali e per i sistemi di data analysis e cruscottistica che supportano le Direzioni nelle decisioni strategiche aziendali. Il vero salto di qualità semmai è inquadrare questi singoli episodi o iniziative in una metodica, in una pratica aziendale che possa impattare su tutta l’organizzazione facendola evolvere e proiettandola in una dimensione più congrua al periodo che stiamo vivendo e alle necessità emergenti. Un KMS nel suo complesso è un sistema che deve mettere gli utenti in condizione di: accedere, fare ricerche, elaborare i dati e le informazioni, organizzarle, archiviarle, fornire delle forme aggregative di dati provenienti da diverse fonti per effettuare delle analisi e quindi dei ragionamenti per prendere delle decisioni, mettere a disposizione di tutta l’organizzazione questa conoscenza (implicita ed esplicita), individuando le varie finalità di business. E’ quindi fondamentalmente un sistema tecnologicamente integrato, supportato da pratiche aziendali che insegnano e promuovono metodologie e approcci lavorativi di tipo collaborativo, che tutte le forme possibili di interazione e comunicazione interne ed esterne all’organizzazione. Questo significa che un KMS ben progettato ed implementato può agevolare il raggiungimento dei fini aziendali, ma avrà un senso e porterà benefici solo se ben compreso relativamente alle finalità ultime e non solo ai task giornalieri, anche dagli utenti coinvolti. 

Quanto può influenzare il KM per il potenziamento di una strategia di marketing aziendale?
Il km è fondamentale per quest’area, come ho accennato. Perché lo scopo fondamentale è gestire la conoscenza per creare altra conoscenza ai fini del business. La nostra esperienza ci ha portato a definire questo ambito di attività consulenziali e di sviluppo software per l’implementazione di sistemi collaborativi, di document and information management, di business intelligence come progetti per il Business Knowledge Management, appunto focalizzati allo sviluppo delle organizzazioni che li adottano e al raggiungimento degli obiettivi aziendali che si prefiggono. 

Il marketing aziendale è a supporto dell’attività commerciale e della creazione e rinforzo dell’immagine aziendale o di prodotto, sia verso gli stakeholders esterni, che verso quelli interni. Ha un compito quindi molto delicato e finalità trasversali. Necessita di tutte le informazioni necessarie ad elaborare corrette strategie per realizzare gli obiettivi individuati. Tali informazioni devono essere fresche, provenire dalle fonti più disparate e quindi andranno raccolte con gli strumenti adeguati per i vari ambiti di ricerca, in modo da poter essere poi trasformate in conoscenza, che è uno dei valori intangibili delle aziende. Inoltre, una strategia di marketing ha la necessità di monitorare costantemente i risultati delle attività in corso, in modo da poter velocemente elaborare anche dei cambi di rotta o eventuali aggiustamenti in caso di scollamenti o ritardi. Il km fornisce tutti gli strumenti necessari per svolgere questa importante funzione in modo efficace. Ma, come già detto, deve essere approcciato con una visione ampia e applicato per gradi, per poter fornire i risultati sperati. Deve essere lungimirante e nello stesso tempo muoversi con obiettivi di breve termine. Solo così si potrà innescare quella spirale della conoscenza che nei tempi giusti potrà rendere l’organizzazione una learning e poi knowledge organization, leader di competitività in un mercato sempre più difficile da vivere e interpretare.

Quali scenari futuri può avere il Knowledge Management e in che direzione si muoverà? 
Gli scenari auspicati sono quelli che però si vedranno nel lungo periodo, ossia di organizzazioni che avranno imparato a muoversi nel mondo liquido, come Bauman insegna, in continuo e imprevedibile movimento e che sapranno quindi adattarsi, rispondendo energicamente alle sollecitazioni del mercato e della società, senza rimanerne schiacciate. Organizzazioni i cui confini saranno definiti solo dalle relazioni, dai movimenti della conoscenza e dalle transazioni che nasceranno da queste interazioni. Il km porta ad un modo nuovo di vivere l’organizzazione. Un modo nuovo di esprimersi negli ambiti organizzativi e di realizzare gli obiettivi personali che diventeranno anche gli obiettivi aziendali e viceversa. Flessibilità non sarà sinonimo di mancanza di ossatura, ma significherà sapersi orientare con disinvoltura nel proprio mondo di relazioni finalizzate a creare e rigenerare i fini di business e di sviluppo personale. Credo che sia auspicabile una utilizzazione delle modalità e degli strumenti per il km alle attività che le organizzazioni intraprendono in ambito di Corporate Social Responsibility, in particolare relativamente allo sviluppo delle competenze delle persone, così come indicato dalla Comunità Europea. Le imprese che investono in pratiche di CSR, in particolare relativamente allo sviluppo delle Risorse Umane, si rendono maggiormente produttive e competitive. Attività portate avanti secondo i dettami della Responsabilità Sociale d’Impresa comportano effetti diretti ed effetti indiretti. Far crescere la consapevolezza delle persone nel loro ambito lavorativo e professionale agisce infatti sulla motivazione e sul rendimento. Porre attenzione allo sviluppo delle competenze specifiche e trasversali dei propri collaboratori rende le imprese capaci di innovare e quindi di essere maggiormente competitive. Inoltre, un’organizzazione che si muove in modo socialmente responsabile riscuote l’attenzione dei propri stakeholders, tra in quali vanno annoverati investitori e consumatori, perché migliorerà l’immagine e la reputazione d’impresa, oltre a rinforzare il proprio valore etico, che come sappiamo sono i punti di forza sui quali si regge la crescita e lo sviluppo economico della stessa. 

Il KM ha un aspetto filosofico teorico che è la ragione stessa dell’esistenza di questo filone di studi: porre la gestione della conoscenza come valore e finalità suprema in quella che viene definita l’economia della conoscenza, il cui sviluppo diventa volano anche per una crescita economica. Ha poi un aspetto pragmatico che comprende l’implementazione di infrastrutture tecnologiche adeguate per la gestione dei processi che devono ottimizzare o facilitare. Ed infine, un aspetto morale che si rivela nell’attenzione rivolta allo sviluppo delle persone, sia relativamente a competenze specifiche, tecniche, di know how, che trasversali utilizzabili e spendibili in qualsiasi ambito. Matchando questo con i dettami della CSR ogni organizzazione potrà creare un ambiente ottimale interno in cui poter far crescere e tutelare i propri componenti e a sua volta, in un circolo virtuoso, potrà fiorire e competere in quello esterno."



lunedì 20 ottobre 2014

Gestire la conoscenza in azienda: pratiche e sistemi per il Knowledge Management.

Riportiamo l'intervista a Maurizio Masotti di Quattroemme Consulting sul ruolo del Knowledge Management nella nostra economia e sugli ambiti di applicazione di strumenti e metodiche per il KM nelle organizzazioni complesse,  pubblicata sul blog La Spir@le della conoscenza, curato dalla Dott.ssa Rosangela Muscetta, blogger e redattrice in ambito tecnologico-informatico.

L'intervista fa parte del Dossier "L'albero di Lullo", che ha la finalità di approfondire il tema della gestione della conoscenza, analizzandone vari aspetti in diversi ambiti e punti di vista. 

"Per produrre conoscenza, occorre mettere insieme tipologie di sapere molto differenti, e spesso complementari. Parlare di economia della conoscenza consiste nello studio dei processi economici che portano alla generazione di valore economico attraverso l’uso di conoscenze, nelle varie forme che queste possono assumere. Una perfetta rappresentazione simbolica di tutto ciò ci viene data dall’Arbor Scientiae del filosofo Raimondo Lullo per la descrizione della cosiddetta tecnica combinatoria. 
Secondo la sua teoria, infatti, selezionando i termini essenziali, e configurando così con essi una schema di partenza, la concatenazione delle condizioni e delle cause di relazione tra essi consente una perfetta conoscenza della realtà. Questo schema combinatorio veniva dal Lullo raffigurato come un albero, che finiva per diventare anche una mnemotecnica, cioè un metodo per dare sistematicità ed efficienza alla memoria, attraverso cui rappresentare le categorie fondamentali (radici) da cui derivare e ricordare attraverso progressive specificazioni (tronco, diramazioni, foglie, fiori e frutti) tutte le possibili verità.La conoscenza e il suo corretto utilizzo è importante in ogni ambito della nostra realtà, da quello scolastico, a quello aziendale, a quello (in)formativo, a quello amministrativo, seppur con molteplici significati e sfaccettature. Il dossier ‘L’albero di Lullo’ ha come obiettivo quello di raccogliere interviste, proposte e prodotti della conoscenza da condividere e sviluppare, in maniera partecipativa e cooperativa." (dal blog La Spir@le della conoscenza)

"Di Knowledge Management abbiamo parlato con il Dott. Maurizio Masotti di Quattroemme Consulting s.r.l., che da sempre sostiene che un'azienda competitiva è quella che non disperde il patrimonio culturale dei singoli, ma sa come valorizzarlo e reinvestirlo, con l'obiettivo di creare e mantenere un circolo virtuoso di diffusione e creazione di conoscenza, come standard metodologico dell'operare quotidiano.

Knowledge Management: Dott. Masotti, secondo lei, quale è il suo ruolo in una economia globalizzata e perché acquisisce sempre più importanza?
Il km è un metodo, una pratica che nasce e si sviluppa proprio a causa della globalizzazione e con l’avvento e la diffusione di quella che viene definita l’economia della conoscenza, fatta appunto di conoscenze, saperi che si autoalimentano, che circolano liberamente, senza più barriere di tempo e spazio grazie alle tecnologie, in cui il valore e obiettivo al quale tendere è il saper raccogliere questa conoscenza, saperla elaborare per trarne informazioni utili, per creare nuova conoscenza e quindi un vantaggio, quel quid che rende più forti della concorrenza. La globalizzazione ha certamente offerto grandi possibilità di sviluppo economico per le organizzazioni, ma le ha anche rese più incerte riguardo alla proprie strategie per mantenersi competitive. Il km offre questa opportunità: metodi e strumenti per cogliere tutti gli input (conoscenza tacita ed esplicita) che circolano internamente ed esternamente alle organizzazioni e renderli valore, renderli appunto vantaggio sulla concorrenza. 

Perché, secondo lei, solo ora si parla di capitalismo cognitivo?

Perché oggi i tempi sono maturi per parlare di questa nuova fase che è un prodotto dell’avvento dell’era digitale. La fase di transizione che ci ha visti passare dal capitalismo alla knowledge economy è quasi del tutto concluso. Ha comportato grandi sacrifici e adattamenti di cui ancora in questo momento tutti noi ne stiamo vivendo le conseguenze e che non sono certamente facili da sopportare. Nella locuzione capitalismo cognitivo sono compresi propri i termini di quello che c’è in ballo: la ricerca del profitto ottenibile da un nuovo modo di produrre, favorito dalla tecnologia, che è il risultato della messa a fattor comune della conoscenza distribuita. Viviamo in questa era in cui la differenza la fa la governance del knowledge. In cui la differenza la fanno i knowledge workers, le relazioni esterne che intesse l’organizzazione ed interne che la attraversano. In cui la differenza è strettamente legata alle opportunità offerte dalle tecnologie digitali e da Internet. Quindi fermo restando la struttura del sistema capitalistico e del suo fine che è il profitto, quello che è emerso, anzi direi quello che l’evoluzione del capitalismo stesso ha prodotto, è che per essere profittevoli, competitivi, capaci di reagire alle fluttuazioni ormai quasi imprevedibili del mercato, quanto meno nelle tempistiche, è necessaria una modalità diversa di agire, di ascoltare e quindi di interpretare l’ambiente in cui le organizzazioni operano. Oggi quello che fa la differenza sono i beni intangibili. La capacità di essere innovativi e flessibili. L’innovazione che rende puo’ essere certamente di prodotto, ma potrebbe essere anche un nuovo modo di relazionarsi con il proprio pubblico di riferimento, di procedere nella propria attività. Adottare strumenti che agevolano questo cambiamento, che forniscono alle organizzazioni l’opportunità di mantenersi attente e aggiornate su quanto accade intorno a loro e sul potenziale interno, ma soprattutto avere ben chiaro come utilizzarli e con quali finalità, fa la differenza.

Quale è il ruolo dell’IT in questo quadro, e perché le aziende dovrebbero affidarsi alla tecnologia per rendere efficiente il processo di Knowledge Management?

L’IT ha un ruolo fondamentale ovviamente. Nel km tutto ruota intorno all’ innovazione e all’ ottimizzazione dei processi delle varie aree aziendali, al realizzare la giusta infrastruttura tecnologica per realizzare questi obiettivi e al creare un ambiente abilitante per mettere le persone in condizione di cambiare modalità operativa, tenendo presenti le esigenze organizzative, ma guardando la trasformazione dal punto di vista delle persone. Perché poi sono proprio le persone a validare questo cambiamento e a renderlo possibile. Le organizzazioni immerse in un contesto di dati e informazioni devono poterle elaborare in modo che diventino elementi di conoscenza indispensabili ai fini della definizione delle strategie e degli obiettivi aziendali. Devono saper governare questo processo di generazione di conoscenza, sia nell’ambito del patrimonio informativo che posseggono o con cui entrano in contatto, sia del contesto utente. La tecnologia, ossia infrastruttura e strumenti, è quindi, ripeto, imprescindibile nell’attuazione e realizzazione di un progetto di knowledge management. 


In che modo Quattroemme si colloca all’interno di questo quadro? In che modo il Knowledge Management può rivelarsi prezioso per una corretta gestione del cliente?Quattroemme Consulting, fin dal lontano 1987, ha focalizzato la propria attività sulla realizzazione di sistemi per il Groupware, oggi Social Collaboration. Ha poi nel tempo approfondito questi temi avendo lavorato negli anni in rapporto direi di vera partnership con grandi organizzazioni e multinazionali, affiancando le aziende in progetti per intranet, document, content and workflow management, corporate portals, social business, collaboration e ovviamente, aspetto delicatissimo e fondamentale, per data analysis, business intelligence e cruscottistica direzionale. In tali tipologie di progetti non è importante solo puntare ad un miglioramento o addirittura alla creazione di un processo informatizzato, ma bisogna avere una visione ampia del progetto, dagli impatti organizzativi, ai possibili sviluppi ed evoluzioni. Nella gestione delle esigenze delle organizzazioni che si cimentano e credono in progetti per il km o che sanno inquadrare alcune rivisitazioni e integrazioni di processo in quest’ottica, bisogna mantenere un approccio e una visione globali in cui sia prevista l’integrazione di sistemi preesistenti con sistemi e strumenti nuovi, per ottenere un controllo ottimale del processo di creazione della conoscenza aziendale. L’importante è capire che Organizzazione e Persone che ne fanno parte sono un tutt’uno e che per ottenere i risultati sperati da questo tipo di progetti e un ROI è necessario procedere per gradi, ragionare su obiettivi di breve termine, tenendo presente quelli di lungo termine. L’esperienza ci ha portato nel tempo ad affrontare ogni nuovo progetto con questo approccio consulenziale, in modo da poter offrire il miglior servizio possibile in termini progettuali e di realizzazione di prodotti software."

Link all'intervista