Si occupa di formazione, recruitment e organizzazione dal 1983. Specializzata nella realizzazione dei Bilanci di Competenze, Carreer Counseling e in progetti di contenimento dello stress in ambito lavorativo in ottemperanza alle nuove normative sulla Sicurezza sui luoghi di lavoro. Studi in Scienze della Formazione e Sviluppo Risorse Umane, Counselor a mediazione espressiva con diploma internazionale EAC, Business e Corporate Coach e PNL Practitioner. Per più di 10 anni Responsabile della formazione di Nica Diffusione Informatica. Nel 1995 ha fondato Team Up Srl e si è dedicata alle tecnologie e metodologie di e-learning/groupware per il supporto del lavoro collaborativo specie in ambito farmaceutico. Dal 1998 impegnata nella formazione per lo sviluppo di ‘soft skills’ e teambuilding. Attualmente Responsabile dello Sviluppo Risorse Umane di Quattroemme.
E’ interessante osservare che benché la nostra vita di individui singoli trascorra transitando da un gruppo all’altro sin dai primi anni di vita, ci preoccupiamo, in fin dei conti, sempre troppo poco di imparare a stare in gruppo e a relazionarci con gli altri. Proprio in un’era in cui il social networking sembra rappresentare la nuova frontiera del comunicare e dell’essere connessi alla comunità, in cui percepiamo che la tecnologia faciliti in modo esponenziale la possibilità di tessere delle relazioni, in definitiva, spesso perdiamo di vista la dimensione umana dei membri delle comunità alle quali apparteniamo (famiglia, amici, azienda etc.) e non teniamo conto che ciò che accade nel reale in termini relazionali si ripropone anche nel virtuale anche se con connotazioni e dinamiche leggermente diverse influenzate dal mezzo di comunicazione utilizzato.
Porsi il problema di come ci aggreghiamo, ha a che fare, intanto, con il considerare, senza voler fare un discorso semplicistico quanto ovvio, che i gruppi sono alla base della nostra vita sociale e che la nostra specie - la storia ce lo dimostra - ha potuto sopravvivere, progredire, costruire grandi città e anche distruggerle in funzione dell’incontro tra individui e della capacità che essi hanno avuto di aggregarsi, comunicare tra loro, interagire e relazionarsi, scambiarsi e condividere informazioni e collaborare alla risoluzione di problemi di tutti i tipi, dai più piccoli e quotidiani ai più grandi e complessi. E’ nell’ambito di tali processi di aggregazione e comunicazione che la specie umana si è evoluta e con essa la conoscenza, la scienza, la cultura, l’arte e tutto ciò che la creatività dell’uomo è riuscita a produrre.
Quindi, così come, in base a quanto ci dice Watzlawick “Non si può non comunicare”, oggi più che mai non si può non ottimizzare come ci relazioniamo con gli altri, soprattutto perchè l’altro rappresenta, sin dalla nostra nascita, il mezzo primario attraverso il quale conosciamo noi stessi. Se è vero questo, non possiamo non porci il problema di come entriamo in relazione con gli altri e di cosa possiamo fare per apprendere modi nuovi per gestire tali relazioni sia nel privato che, a maggior ragione, nei contesti organizzativi. In questi ultimi, la natura e la qualità delle relazioni tra individui all’interno dell’organizzazione, sono spesso fortemente connesse al vantaggio competitivo e al successo dell’azienda stessa e quindi su di esse vanno fatti investimenti adeguati sia individuali che collettivi.
La psicologia sociale, pur avendo sempre dato una maggiore attenzione ai fenomeni associati alle relazioni diadiche o interpersonali, si è occupata di studiare i processi di gruppo cioè le dinamiche in base alle quali essi si formano, si sviluppano e si sciolgono e gli effetti positivi e negativi che essi determinano a livello sociale. L’individuo, la società, ma anche le aziende, vanno presi in considerazione nelle loro reciproche interrelazioni, per cui se è vero che l’individuo è profondamente influenzato dal contesto in cui vive, dall’altro è ugualmente vero che egli è in grado di influenzare il proprio ambiente sociale con i propri comportamenti. Questa tesi parte dal presupposto che gli individui mutando a livello individuale sono in grado di mutare gli assetti sociali se, aggregati in gruppi, condividono quanto meno il processo di cambiamento che porta alla generazione di nuove idee e nuovi comportamenti.
Anche in ambito organizzativo, i gruppi sono una grande forza di mutamento, dei microcosmi da cui possono partire pratiche che contribuiscono al progresso e anche al regresso di intere organizzazioni, da cui è importante che scaturiscano idee innovatrici che contribuiscano alla crescita e competitività dell’azienda a cui appartengono. Si è quindi fatta strada anche a livello organizzativo, la convinzione che i gruppi non sono semplici aggregati di individui anonimi, ma sono organismi vivi con una loro traiettoria evolutiva fortemente connessa ad una realtà esterna in cui domina, oggigiorno, la non linearità, la discontinuità e la mutevolezza, una velocità di cambiamento che costringe individuo, gruppi e organizzazioni intere ad un rapido reinventarsi per poter stare al passo.
A questo proposito la formazione e le strategie organizzative orientate al ‘team building’ sono da considerarsi più che mai vincenti nell’ottica di generare valore all’interno dell’azienda, un valore a sostegno di una gestione della conoscenza che passa sicuramente attraverso la condivisione dei vissuti esperienziali dei singoli. Il valore di una formazione orientata al ‘team building’ consente alle persone di acquisire consapevolezza delle proprie capacità, riconoscere quelle altrui e imparare a prendere decisioni di gruppo, responsabilizzandosi.
Una caratteristica comune a molte attività di ‘team building’ è la mancanza di “barriere d’ingresso”: ogni persona può dare il suo contributo poiché non servono competenze specifiche per partecipare. Spesso le aziende ricorrono a questa soluzione solo quando si trovano di fronte ad un gruppo costituito da poco o sotto stress o comunque con un rendimento inferiore al potenziale complessivo degli individui e non sempre considerano che, viceversa, investire in modo focalizzato in ‘team building’ significa investire comunque sull’organismo azienda fornendogli linfa vitale per creare un solido vantaggio competitivo.
Nell’ambito delle attività di ‘team building’ è importante proporre situazioni creative o di intrattenimento poiché, in questo modo, si stimola la socialità dell’individuo e l’uso del pensiero divergente. Come sostiene Winnicott l’ambiente di gioco è il mondo del ‘come se’ in cui tutto è possibile e nel quale possiamo provare ad agire comportamenti nuovi che nella realtà quotidiana non avremmo magari il coraggio di agire. Il farlo in un ambiente protetto ci consente di sperimentare ‘come sarebbe se’ e interiorizzare la nostra capacità di cambiare. Attraverso i ‘giochi d’aula’, si abbattono in modo naturale possibili resistenze e si persegue l'obiettivo di insegnare a ciascun componente del gruppo a considerare ogni punto di vista proposto dai colleghi come un punto di forza del team e il gruppo come un'unica mente che lavora per il raggiungimento dell'obiettivo comune.