- Globalizzazione dell’economia e conseguente delocalizzazione. È un processo di integrazione dei flussi di capitali, merci, informazioni, persone che ha ridefinito il quadro di riferimento dell’economia mondiale. Perseguendo logiche di global sourcing le aziende, alla ricerca di vantaggi di costo, stanno sempre più delocalizzando gran parte delle attività di produzione. Con l’incremento dell’integrazione politica, economica e finanziaria si è verificato un aumento della concorrenza. Si assiste ad un fenomeno di standardizzazione e adattamento alle forze locali che si sintetizza nel termine glocal, ossia nella capacità delle imprese di coordinare e integrare le competenze a livello mondiale, nel ricercare l’efficienza globale e al tempo stesso di mantenere la flessibilità per fornire risposte differenziate, se richiesto, alle singole esigenze locali di mercato (think global, act local).
- Innovazione tecnologica e convergenza settoriale. La tecnologia può favorire l’adozione di risposte innovatrici a sollecitazioni del mercato (innovazione market-pull) o, in caso di innovazioni di rottura, può consentire di sviluppare veri e propri nuovi sistemi di offerta (innovazione company-push). Le potenzialità insite nelle nuove tecnologie ICT hanno portato alcune imprese ad adottare un orientamento all’e-business, ossia ad integrare i propri sistemi e processi gestionali nell’ambiente digitale, all’e-marketing e all’e-commerce. In particolare, l’ICT – Information and Communication Technology con le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione ha provocato la cosiddetta “rivoluzione digitale”, che ha comportato un processo evolutivo caratterizzato da tre fasi:
1. new economy, dove si è assistito ad un’esplosione di strumenti e attività volti ad aumentare la produttività legata alla maggiore capacità di calcolo ed elaborazione delle informazioni;
2. net economy, definita come "economia dell’interazione", durante la quale si è realizzata la flessibilità digitale ed il potenziale diffusivo della Rete Internet sviluppando processi comunicativi bi-direzionali tra un numero sempre crescente di utenti;
3. knowledge economy, che si è sviluppata quando la conoscenza è diventata un “bene economico”, in conseguenza della pratica dell’outsourcing, della crescita della specializzazione delle competenze, dell’estensione del numero di utilizzatori del network digitale dovuto alla riduzione dei costi di transazione in rete. Questo ha comportato che i costi e i rischi di investimento, relativi alla produzione di nuova conoscenza, si riducono, mentre crescono i ricavi ottenibili dal suo utilizzo più diffuso.
In questo senso le ICT hanno subito un’evoluzione da "tecnologie di processo" a "tecnologie di integrazione" o per la System Integration, poiché è aumentata la mole di dati elettronici disponibili, sono migliorate le tecnologie per catturare, organizzare, condividere e analizzare i dati e per coordinare le persone. Inoltre, la convergenza settoriale in atto è strettamente legata all’evoluzione tecnologica, ed è la tendenza a dissolvere i confini tra settori, mercati ed esperienze dei consumatori aprendo nuove opportunità di business al fine di incontrare i bisogni dei consumatori e generare valore.
- L’evoluzione dell’ambiente di marketing, che ha visto sia l’evoluzione dei consumatori sia quella dei consumi, la tendenza alla customization* e alla customerizzazione**, il dualismo branded/unbranded***.
- La crescente pressione delle istituzioni e della società civile sull’attività delle imprese, per il perseguimento di uno sviluppo sostenibile sia sotto il profilo economico che sociale. Le imprese sono sempre più chiamate a svolgere un ruolo di “cittadinanza collettiva” facendo propri gli obiettivi di sviluppo collettivi, di creazione e mantenimento dei livelli di occupazione, di partecipazione alla formazione delle risorse umane, di solidarizzazione con le comunità nelle quali operano.
- Recessione economica, che ha portato nella metà degli anni '90 ad ondate di ristrutturazioni dovute ad acquisizioni, fusioni, licenziamenti e, di conseguenza, all’adozione di strategie di BPR – Business Process Reengineering, mirate alla ristrutturazione dei processi aziendali che, se non opportunamente gestiti, rischiano di far perdere parte della conoscenza aziendale.
- Mobilità professionale e conseguente “guerra dei talenti”.
- Business integration intra e inter-organizzativa nella catena del valore.
Le imprese che decidono di implementare progetti di gestione della conoscenza, più o meno evoluti, sono, quindi, spinte da esigenze legate alla loro stessa sopravvivenza, che risiedono nella necessità di saper interpretare i meccanismi competitivi per poter raggiungere i loro obiettivi e garantirsi un futuro di sviluppo. Lo spostamento della leva competitiva è oggi verso attività che sono “a monte” rispetto alla progettazione di beni e servizi, funzione deputata tradizionalmente a produrre innovazione. Sono attività di raccolta, elaborazione, diffusione e scambio di conoscenze propedeutiche a fornire le competenze necessarie allo sviluppo di un flusso sistematico di prodotti e servizi con caratteristiche innovative, appetibili per il mercato di riferimento.
Secondo Davenport Thomas H. e Prusak Larry in “Working Knowledge. How organizations manage what they know” del 1998, parte dei progetti di knowledge management condividono uno dei seguenti obiettivi:
- rendere visibile la conoscenza e il suo ruolo all’interno dell’organizzazione
- sviluppare una cultura knowledge intensive, incoraggiando la condivisione di conoscenze tra i membri dell’organizzazionecostituire una “infrastruttura di conoscenza” basata non solo su supporti tecnologici, ma anche sullo sviluppo di un network di relazioni.
*Customization = personalizzazione di massa di servizi o prodotti guidata dal produttore
**Customerizzazione = personalizzazione di servizi e prodotti one-to-one guidata dal cliente
***Dualismo branded/unbranded = Legato alla competizione tra marche dei produttori e private label o marche dei distributori