Si è tenuto il 12 novembre, presso la Borsa Italiana in Piazza Affari a Milano, l'Oscar di Bilancio, giunto alla 55ma edizione, evento a cura di Ferpi - Federazione Relazioni Pubbliche Italiana, Borsa Italiana e Università Bocconi. Quest’anno le aziende che si sono iscritte sono state 216, secondo un trend crescente rispetto agli anni passati, segno che le imprese di ogni dimensione e settore stanno dimostrando di voler essere parte attiva nel promuovere e costruire una cultura d’impresa fondata sulla responsabilità, attraverso attività di business improntate a criteri di sostenibilità sociale e ambientale, con investimenti sui principali fattori di sviluppo sostenibile. Infatti, nel medio e lungo periodo, le organizzazioni – imprese ed enti – che, nel perseguire adeguate performance aziendali , rispetteranno i criteri di sostenibilità, potranno assicurarsi un più elevato potenziale di crescita. Ricerca del risultato economico finanziario e responsabilità di impresa devono camminare insieme, ed essere comunicati in maniera chiara e trasparente per generare fiducia.
Per informazioni sull'Oscar di Bilancio, le categorie in gara, i vincitori e le motivazioni:
Negli ultimi anni, in seguito ai grandi cambiamenti sociali, economici, ambientali, che inducono una presa di coscienza e la relativa responsabilizzazione da parte di tutti, sta emergendo un
nuova modalità di interpretare l’agire e il ruolo delle imprese, che si basa
sul concetto di “sostenibilità del business aziendale”, ovvero sul valore condiviso per tutti i suoi
stakeholders. La creazione di valore economico è una condizione
necessaria, ma non sufficiente a giustificare l’esercizio dell’impresa, a causa
dei costi ambientali e sociali che ne conseguono.
Dall’osservazione dei
fenomeni aziendali emerge che le imprese vivono grazie al contributo di
numerosi soggetti all’interno e all’esterno dei confini organizzativi (Stakeholders
theory) e per avere successo duraturo dovranno perseguire l'interesse di questi, nessuno escluso.
La Corporate Social Responsibility o Responsabilità Sociale d’impresa
è l’integrazione su base volontaria da parte delle aziende (ma ormai obbligatoria per alcune categorie d'imprese: il Decreto Legislativo 30 dicembre 2016,
n. 254, di
attuazione alla Direttiva 2014/95/UE “Direttiva Barnier”, ha introdotto
nell’ordinamento Italiano l’obbligo per
gli enti di interesse pubblico di grandi
dimensioni di redigere e pubblicare una DNF - Dichiarazione di carattere non finanziario), delle
preoccupazioni sociali ed ecologiche derivate dal loro operare e dalle relazioni
che intessono. Come già decretato nel Libro Verde della Commissione Europea del
2001, l’impresa deve tener conto del contributo dato alla qualità dell’ambiente
e al sistema sociale, attraverso la consapevolezza dei legami esistenti tra
dimensione economica, sociale ed ambientale e delle ripercussioni reciproche
provocate dalle decisioni prese in un ambito o nell’altro. L’attività
dell’impresa deve essere responsabile, in grado di coniugare obiettivi
economici, ambientali e sociali, in altri termini di garantire e perseguire uno
sviluppo sostenibile.
Lo sviluppo sostenibile soddisfa le necessità delle
attuali generazioni senza compromettere la capacità delle future generazioni di
soddisfare le proprie, come indicato dalla Commissione
Mondiale sull’ambiente e lo sviluppo dell’ONU nel 1987, che, in base alla Regola dell’equilibrio delle 3 E -
Environment (Ecologia), Equity (Equità Sociale), Economics (Economia) vede lo
sviluppo sostenibile possibile solo se focalizzato su queste tre componenti,
mantenute in un costante equilibrio reciproco. Questo significa che l’economia
si deve sviluppare, ma in un’ottica di rispetto nei confronti delle risorse
ambientali e cercando di limitare al minimo la povertà e le diseguaglianze
sociali, in modo da mantenersi duratura puntando sulla creazione del valore nel
lungo periodo.
In
questo contesto emerge l’importanza e la criticità dei fattori intangibili, quali know-how
delle persone, le relazioni con il macroambiente sempre più liquido (secondo
l’accezione data da Bauman), le relazioni di tipo reticolare con le altre
imprese e organizzazioni, la qualità del capitale umano, l’organizzazione e la
qualità della forza vendita, la fidelizzazione della clientela, Altro fattore intangibile da considerare è
l’immagine e la reputazione dell’azienda/organizzazione che si è forma nell’opinione pubblica, tenendo presente che la credibilità delle
organizzazioni si realizza anche attraverso le buone pratiche di Comunicazione.
Tutte queste sono le cosiddette competenze distintive delle organizzazioni, che
ne facilitano il successo e le mantengono sul mercato, senza dimenticare che le imprese sono
chiamate a rispondere ad un impegno primario, quello che imposta il loro agire nel
tessuto economico nel quale operano secondo principi etici. Devono cioè permeare
la loro attività secondo quanto definito dalla prospettiva della RSI che ormai
si può definire una vera e propria disciplina.
Oggi
assistiamo ad una rivalutazione dell’importanza del sistema dei valori e della relazione tra economia ed etica, moralità e profitto. L’impresa deve
essere “trasparente” con i suoi stakeholder, che intrattengono con questa
relazioni significative e i cui interessi sono coinvolti a seguito di relazioni
di scambio, o perché ne sono significativamente influenzati o perché
“subiscono” una qualche forma di impatto dallo svolgimento delle sue funzioni. Tra
gli stakeholders possiamo elencare gli azionisti, ma anche i dipendenti, i fornitori, le
persone che vivono nell'area geografica in cui l’impresa opera, l’opinione
pubblica, le istituzioni, ecc. Le
attività legate alla Responsabilità Sociale d’Impresa influiscono, come accennato sopra, in modo molto potente, sull'immagine delle aziende, su come vengono percepite.
Questo comporta conseguenze e impatti notevoli sulla loro vita economica, tanto
da determinarne la sopravvivenza, il fallimento o la chiusura. Le imprese
possono essere amate e scelte, attraverso l’acquisto dei loro prodotti, se tali
attività vengono portate avanti con trasparenza, coerenza e onestà, al
contrario possono essere “rigettate” se percepite come disfunzionali riguardo ad
aspetti ambientali o sociali e, quindi, nocive. In più, la Responsabilità
Sociale d’Impresa non può seguire mode o trend, o essere una mera strategia di
marketing, pena la percezione negativa dell’azienda da parte del pubblico di
riferimento.
Per questi motivi, per certificare una certa attendibilità e far
sviluppare un senso di fiducia dei propri stakeholders, le imprese utilizzano
la funzione Comunicazione come strumento per diffondere informazioni
relativamente al proprio impegno etico, di tipo sociale ed ambientale, e ai valori
a cui si ispirano, diffondendo, attraverso vari strumenti e canali, un
messaggio coerente, non ingannevole, che sia di rinforzo di una immagine
positiva (reputation). Alcuni
esempi di questo tipo di attività, rivolte più ad un pubblico di massa che ad
un target preciso, mirate ad influire sull'opinione pubblica, a volte già ben
orientata in senso negativo da informazioni non governate dalle imprese sul
loro operato, ci arrivano dalla Pubblicità. Sono molti gli spot in cui si mette
in risalto, come leitmotiv dello storytelling costruito sulla promozione del
prodotto, l’attenzione alla produzione, alla qualità delle materie utilizzate,
al rispetto dell’ambiente, alle condizioni di lavoro, all'attenzione alla salute,
ecc. [1] Ma questo non basta.
Le aziende
che decidono di intraprendere percorsi di sostenibilità sociale, ambientale ed
economica lo fanno principalmente per tre ordini di motivi: garantirsi un
fattore competitivo di medio lungo periodo; diventare appetibili sul mercato
nei confronti dei propri stakeholder; risultare affidabili verso istituti di
credito e investitori ad ampio spettro. La competitività raggiunta e mantenuta
nel medio e lungo periodo permette di fidelizzare le risorse interne ed esterne
all’impresa (dipendenti, fornitori, collettività di riferimento), attesta che
l’azienda è responsabile e conscia dell’ambiente in cui opera (per cui si sente
in dovere di proteggere e rispettare il contesto in cui vive), dimostra che la
gestione del suo business gli permette uno sviluppo sostenibile. Gli strumenti per raccontare questo impegno e
la portata dei risultati che ne derivano sono quelli afferenti alla Rendicontazione finanziaria, integrati con quelli di Rendicontazione non finanziaria o di sostenibilità [2],
dai quali si evince il valore delle imprese. Un’azienda che dichiari e
dimostri di essere sostenibile, informando gli stakeholder di riferimento e rendicontando
le scelte fatte, genera fiducia e costituisce un elemento preferenziale nelle
richieste di finanziamenti e di accesso alle varie fonti di investimento. In
questo periodo caratterizzato da forti incertezze dei mercati finanziari, da un
sistema economico complesso e da un aumento della competitività, le aziende,
riconoscendo negli intangible assets
posseduti il motivo della loro capacità di sopravvivenza e durevolezza, hanno
rinforzato la propria comunicazione relativamente all'impegno e alla
responsabilità che le investe e che hanno nei confronti della comunità e
dell’ambiente di riferimento, ampliando gli strumenti di informazione sulle
proprie attività.
Lo
strumento per eccellenza che decreta lo stato di salute delle imprese, ossia l’Informativa
di Bilancio, ha cambiato i propri obiettivi, cercando di adattarsi alle nuove
esigenze sociali ed economiche, tanto che le imprese ormai pubblicano bilanci
che a livello informativo vanno oltre i requisiti minimi informativi richiesti.
L’informativa fornita da questi bilanci può essere considerata la base per
rispondere in maniera esauriente al bisogno di informazione dei vari
stakeholders, utili per le loro scelte strategiche. Negli ultimi anni, quindi,
le aziende forniscono informazioni economiche considerate volontarie, in quanto
non sono diffuse per rispettare obblighi di legge, in alcuni casi solo
recentemente richieste per questo motivo, ma sono necessarie per soddisfare le
esigenze di informativa dei vari mercati economici. Le norme legislative e i
principi contabili che guidano la redazione del bilancio, fissano i contenuti
minimi di informazione che le imprese devono fornire al pubblico, attenendosi
ai principi di correttezza e verità. Tale informativa può comunque essere
ampliata, ma sempre rispettando i vincoli imposti dalle norme di legge e dai
principi contabili.
Nelle moderne strutture aziendali che abbracciano, ormai da
tempo, un approccio knowledge-oriented,
dando massimo rilievo alle persone in quanto generatrici di conoscenze e quindi
di strutture di valore, l’impiego di indici dinamici permette di valutare il
processo di generazione di ricchezza, non soltanto in termini di profitti
originati dal patrimonio Umano, Organizzativo e Relazionale, ma anche in
termini di potenziale di redditività del patrimonio stesso. I risultati
riportati nell'applicazione delle nuove metodologie vedono, come naturale
strumento di accounting da pubblicarsi in via separata da quello d’esercizio,
come già accennato, il Bilancio del Capitale Intellettuale e il Bilancio del
Capitale Sociale e Ambientale, con la funzione di evidenziare aspetti diversi
da quelli economici e finanziari tradizionalmente presi in considerazione e di
comunicare, internamente ed esternamente all'azienda, tali risultati. La
redazione di questi Bilanci, prescindendo dai diversi approcci utilizzati nella
valutazione degli intangibles, pone
in risalto informazioni fondamentali sulla consistenza dinamica del patrimonio
intangibile dell’azienda, sugli obiettivi posti, sulle strategie attuate per la
conservazione e l’accrescimento di tale patrimonio, sul rispetto e sui
risultati dell’operatività delle strategie.
La quantità di informazioni
che l’impresa fornisce, determina il suo grado di trasparenza, il cosiddetto
“livello di disclosure" [3]. La motivazione
che induce le aziende a diffondere l’informativa volontaria è costituita dall'esigenza
del management di sviluppare una comunicazione di “indirizzo” verso gli
stakeholders, in quanto nell’informativa obbligatoria i vertici aziendali
devono rendicontare aspetti della gestione imposti da norme e regolamenti, ma questi
dati, sia pur importanti e storicamente consolidati, non colgono gli aspetti
rilevanti della gestione aziendale, dove la rilevanza è definita in relazione
alle potenzialità e capacità dell’impresa di creare ricchezza e di durare nel tempo. E’ stato così
ampliato il concetto di accountability,
affiancando allo storico Bilancio d’esercizio e alla Relazione integrativa che
lo accompagna, strumenti complementari e collaterali, in grado di fornire
informazioni aggiuntive su aspetti sociali e ambientali: il Bilancio Sociale, il Bilancio Ambientale, il Bilancio del
Capitale intellettuale. In alternativa è anche possibile realizzare un Bilancio di sostenibilità o Integrated Reporting, comprensivo degli aspetti finanziari e non finanziari per comunicare con tutti gli stakeholders e fornire una visione complessiva della capacità di creare valore in modo responsabile.
Questi strumenti, inseriti in una struttura di comunicazione mirata ad arrivare a tutti gli stakeholders di riferimento, con un linguaggio comprensibile, in grado di spiegare ad un pubblico ampio anche gli aspetti più tecnici della rendicontazione finanziaria e non finanziaria, impostata per divulgare il l'impegno delle imprese nei confronti di tutta la comunità in cui operano, trasmetterà consapevolezza relativamente al loro valore. Pubblicare informazioni precise e puntuali, basate su indici validi e standardizzati relativi ai risultati economici e agli impatti ambientali e sociali, potrà creare le basi per un fattivo e duraturo engagement degli stakeholders e per diffondere una cultura della sostenibilità, attraverso la condivisione delle best practices aziendali.
[1] Uno su tutti il caso del
caffè Nespresso, brand della Nestlè:
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/09/il-greenwashing-della-nespresso/835953/;
https://www.insidemarketing.it/case-study-brand-ambassador-nespresso/; https://www.wired.it/scienza/ecologia/2018/05/23/nespresso-caffe-sostenibile/?refresh_ce=
[2] https://www.nonsoloambiente.it/bilanci-sostenibilita-linee-guida
[3] L’informazione societaria
è di due tipi:
a) mandatory disclosure (informativa
obbligatoria), per garantire l’efficienza informativa del mercato;
b) voluntary disclosure (informativa volontaria), ad integrazione dell’informativa a carattere obbligatorio.
b) voluntary disclosure (informativa volontaria), ad integrazione dell’informativa a carattere obbligatorio.