giovedì 4 giugno 2009

La Knowledge Organization: realtà o utopia?

Sul tema della conoscenza, il filosofo e sociologo francese contemporaneo Edgar Morin ne "Il metodo. 3 La conoscenza della conoscenza" del 1986 afferma “Noi ci rendiamo conto ormai che l’incoscienza dei limiti della conoscenza era il maggior limite della conoscenza stessa. (…) Mentre l’ignoranza dell’incertezza porta all’errore, la conoscenza di essa porta non soltanto al dubbio, ma anche alla strategia. (…) …è l’incertezza che spinge a investigare, verificare, comunicare, riflettere, inventare. L’incertezza è (…) il motore della conoscenza. Quest’ultima così lavora e progredisce in opposizione / collaborazione con l’incertezza.”

Da una decina di anni si parla di “conoscenza” o meglio di knowledge management in ambito aziendale. Le organizzazioni, ormai consapevoli dell’importanza, nella creazione di valore, di un intangibile quale è appunto la conoscenza e il sapere specifico degli individui che ne fanno parte, o della conoscenza che viene prodotta dalle relazioni che l’organizzazione stessa intrattiene con l’ambiente di riferimento, o di quella che arriva dall’analisi e dall’osservazione dei fenomeni e delle dinamiche che avvengono in tale ambiente, si sono attrezzate in vario modo per gestirla. Il valore delle imprese è determinato proprio dalla loro possibilità di restare nel mercato, quindi la gestione della conoscenza nelle organizzazioni è considerata un elemento fondamentale, non tanto per migliorare le performance individuali e organizzative, ma soprattutto per far sì che l’organizzazione possa continuare ad esistere in una realtà sempre più complessa, dove appunto domina l’incertezza.

Oggi le organizzazioni non devono ragionare tanto sul perché bisogna gestire la conoscenza, visto che i dubbi su cosa questo possa significare e comportare sono ampiamente fugati, ma devono spostare l’attenzione sul saper essere un’organizzazione che apprende o Learning Organization, un’organizzazione cioè che sa in quale ambiti muoversi e che sa dove “guardare” per catturare la conoscenza che gli serve. Devono altresì focalizzarsi sul saper gestire la conoscenza catturata e quindi sul saper vivere come una Knowledge Organization, ossia un’organizzazione in cui il “saper conoscere” non è visto come un ulteriore adempimento, ma fa parte del suo tessuto, del suo modo di essere. In sintesi, per essere una Knowledge Organization oggi non è sufficiente intervenire solo con progetti formativi o tecnologici, che rischierebbero, se non opportunamente inquadrati in un progetto di più ampio respiro, di far fallire l’obiettivo, ma è necessario reinterpretarsi e strutturarsi come un’organizzazione che sa trasformare ogni elemento conoscitivo di interesse in un’opportunità di crescita che possa diventare, nello stesso tempo, scintilla creativa sia per l’organizzazione che per i singoli.