venerdì 19 febbraio 2010

KM e apprendimento organizzativo

Contributo della Dott.ssa M. Laura Baronti Marchiò, Resp. Sviluppo Risorse Umane di Quattroemme.

La difficoltà di definire in modo esaustivo cosa significhi esattamente Knowledge Management è facilmente comprensibile se pensiamo a quante importanti tematiche si intersecano tra loro all’interno di questa area. In un precedente post sono state date svariate ed interessanti definizioni che nel tempo i vari analisti di organizzazione hanno coniato in base alla chiave di lettura di volta in volta prese in considerazione.

Volendo operare una estrema sintesi, senza nulla togliere alla complessità del tema, e tentare nello stesso tempo di racchiudere in una definizione l’essenza di ciò che significa gestire la conoscenza all’interno delle organizzazioni, possiamo dire che il Knowledge Management in azienda è un ‘diverso modo di svolgere le attività e di apprendere’, che coinvolge:

- Organizzazione
- Persone
- Tecnologie

Il termine ‘diverso’ ha a che fare con il cambiamento che è necessario innescare sia a livello di organizzazione che di comportamenti organizzativi delle persone nonchè di utilizzo delle tecnologie.

Il termine ‘attività’ è legato non solo ai processi produttivi ma sicuramente anche a quelli relazionali e comunicativi che rappresentano quanto meno il come le persone operano quotidianamente, risolvono i problemi e affrontano le sfide ed imparano individualmente e in gruppo.

Il termine ‘apprendere’ riguarda i processi di comunicazione, condivisione e costruzione delle conoscenze implicite ed esplicite che riguardano e coinvolgono tutti gli attori organizzativi, interni ed esterni alla singola azienda. Parafrasando una nota citazione di Einstein secondo cui “I problemi non possono essere risolti allo stesso livello di conoscenza che li ha creati.” possiamo dire che conoscenze nuove non possono essere acquisite mantenendo inalterati gli schemi mentali utilizzati fino a quel momento o i processi in base ai quali le persone apprendono.

E’ necessario introdurre modi e strumenti nuovi di elaborazione ed organizzazione delle informazioni ed interrogarsi su:
•Cosa sappiamo?
•Chi lo sa? Chi non lo sa?
•Cosa dovremmo sapere che non sappiamo?
•Chi ha bisogno di sapere e cosa?
•La nostra organizzazione acquisisce conoscenza al di fuori di se stessa?
•Creiamo conoscenza al nostro interno?
•La conoscenza creata è stata diffusa a chi è necessaria?
•Misuriamo e assegniamo un valore a chi si adopera proattivamente per apprendere?
•Che competenze deve sviluppare il ‘knowledge worker” e ancor di più il “knowledge manager”?
•Il nostro contesto di lavoro è "knowledge friendly"?

Il catalizzatore essenziale nei processi di apprendimento organizzativo è quindi sicuramente la consapevolezza di ciò che è importante/significativo apprendere, del come lo apprendiamo e di come facciamo tesoro di ciò che viene appreso, adoperandosi in modo costante ed efficace a far sì che l’apprendimento dei singoli si trasformi sempre più in modo stabile in apprendimento collettivo.

Il definire cosa è importante e significativo apprendere, in relazione al business, apre la strada alla definizione del come lo possiamo apprendere e di come possiamo preservare le conoscenze che andiamo acquisendo.

A tale proposito la difficoltà di arrivare ad una mappatura chiara ed esaustiva delle conoscenze significative, risiede nella loro estrema eterogeneità spesso legata ai ‘luoghi’ in cui esse risiedono e sono depositate e che vanno dai database (conoscenze esplicite) alla testa delle persone (conoscenze tacite), passando attraverso l’organizzazione stessa (conoscenze implicite) oppure attraverso il software utilizzato per gestire prodotti, servizi, mercato, clienti, procedure, competenze tecniche e quant’altro.

Tale complessità produce un’apparente contraddizione che il Knowledge Management condivide con altre tematiche quali il BPR - Business Process Reengineering.

Da un lato per essere utile deve riguardare il più possibile l’intera azienda ed innescare cambiamenti significativi del modo di lavorare, dall’altro, i migliori casi di successo vedono un’applicazione ristretta del KM a singoli dipartimenti, basi di conoscenze molto ben delimitate e cambiamenti organizzativi circoscritti.

D’altra parte anche il KM è influenzato dal fatto che un cambiamento che riguardi la struttura aziendale si scontra facilmente con alcune possibili barriere organizzative :

- Una cultura aziendale non sempre favorevole alla condivisione delle conoscenze;
- Una difficoltà da parte del management di individuazione dei contenuti teorico-pratici del Knowledge Management che giustifichino gli investimenti necessari;
- La difficoltà per il personale di inserire le nuove attività legate alla gestione della conoscenza nelle abituali mansioni vuoi per resistenza al cambiamento, vuoi per oggettive difficoltà di ripianificazione del tempo lavorativo;
- La necessità di misurare il ritorno sugli investimenti effettuati e la difficoltà di misurarli.

Poiché cambiare il modo di lavorare e di comunicare non è mai un processo semplice ed immediato e necessita inoltre di essere gestito e ‘accompagnato’ in modo adeguato per evitare che generi inutile rumore informativo che poco si sposerebbe con una corretta gestione della conoscenza, ciò che è veramente importante imparare è ad apprendere.

Ma cosa ci dice che un’organizzazione sta apprendendo o ha appreso in modo significativo ciò che era importante apprendere?
Quando riesce a creare il futuro che si è proposta, quando cioè realizza gli obiettivi di business per i quali è nata ed esiste sul mercato.

Vale la pena aggiungere che, nel mondo dell'impresa, apprendere è molto di più che riuscire a creare il futuro che si vuole poichè in questa società altamente competitiva, l'apprendimento può dare all'organizzazione il margine di cui ha bisogno per sopravvivere e mantenersi in competizione.

Alcune discipline importanti che sostengono l'apprendimento organizzativo sono:

•l'approccio sistemico che prefissa il raggiungimento di una profonda comprensione di tutto il sistema attraverso la comprensione delle relazioni tra gli elementi che lo costruiscono. Tutti i sistemi organizzativi sono sistemi aperti, influenzati dall'ambiente e pertanto altamente complessi. In questi sistemi non esiste una "facile comprensione" di nulla.

•la cultura imprenditoriale che comprende i valori e norme condivise dalle persone e dai gruppi e che determinano il modo in cui i singoli interagiscono all'interno del gruppo e nei rapporti esterni all'organizzazione. La cultura imprenditoriale si basa, per vincere, su idee e convinzioni, sui propri obiettivi e norme di comportamento. Su questi valori organizzativi si formano le norme che determinano il comportamento interno dello staff;

•la visione condivisa e la coscienza di gruppo che non sono solo belle idee ma vere e proprie forze catalizzatrici e motrici, risultato della comprensione da parte di ogni membro di un team di quello che è l'obbiettivo dell'organizzazione, del suo coinvolgimento nello sforzo comune e della consapevolezza del suo contributo per il raggiungimento di tale obiettivo;

•I modelli mentali che sono alla base della concezione che l'individuo ha di se stesso e degli altri nel suo contesto e delle cose con le quali interagisce. E’ un'interpretazione individuale più che obiettiva, ed è costruita su analogie ma è fortemente connessa al come apprendiamo e al come trasformiamo le conoscenze in nuove idee;

•Il dominio personale si riferisce alla creazione di quello che uno vuole raggiungere nella propria vita e nel lavoro. Questo atteggiamento, sostenuto in modo continuativo, diventa una disciplina. Il concetto di ‘dominio personale’ va al di là delle competenze e delle abilità, significa infatti orientare la propria vita come lavoro creativo, vivendola in modo creativo e attivo invece di viverla con un approccio reattivo e passivo;

•L’apprendimento cooperativo come risultato e non solo come strumento, dà la rara sensazione di sinergia e produzione da parte di un gruppo che lavora verso lo stesso obiettivo;

•La responsabilità corporativa sociale come effetto dell'attività dell'organizzazione sulla società. Il come cioè la sua attività si ripercuote sulla popolazione, sulle istituzioni educative e sulle famiglie. Il modo in cui un'impresa può contribuire a fare di questo mondo un posto migliore per tutti;

•Il dialogo con i singoli e con i gruppi, ha l'obiettivo di consolidare l'intelligenza collettiva. Questo dialogo è possibile attraverso le moderne tecniche che, pian piano, con la pratica e la disponibilità, stimolano la curiosità verso il conoscere e la comprensione profonda dell’altro. I nuovi strumenti del coaching e counseling orientano verso un modo di interagire basato sul dialogo e prima di tutto sull’ascolto attivo;

•Il ruolo della leadership è fondamentale nell'apprendimento organizzativo. Parte del lavoro di direzione è ottenere che ogni impiegato possa esprimere nel suo lavoro e nell'interazione con gli altri membri tutto il suo potenziale. L'assunzione di questa responsabilità sta ridefinendo l'attività di direzione in organizzazioni di qualsiasi tipo e dimensione;

•La sostenibilità ed il bilanciamento lavoro/vita privata sono a loro volta molto importanti ed incidono certamente sui processi di apprendimento organizzativo.
Se queste sono le discipline che determinano un efficace apprendimento organizzativo, è pleonastico, ma non semplicistico, dichiarare che l'assenza di queste impedisce un reale apprendimento nelle organizzazioni;

Viene da chiedersi se esista un'organizzazione che abbia implementato tutte queste discipline. La risposta è probabilmente ‘no’, ma le organizzazioni che almeno non tentino di perseguirle rischiano di veder ridotta la loro presenza sul mercato e, a tendere, a scomparire.

E’ necessario, infine, che ognuna di queste discipline si integri con le altre, come se tutti i membri dell'organizzazione si muovessero spalla a spalla nella stessa direzione al massimo delle loro forze dal momento che l'apprendimento organizzativo è di certo un elemento imprescindibile del KM.