venerdì 22 gennaio 2010

Identità sociale e motivazione

Contributo della Dott.ssa M. Laura Baronti Marchiò, Resp. Sviluppo Risorse Umane di Quattroemme.


Come già è stato accennato, la nostra identità sociale, cioè la coscienza di ciò che siamo e di ciò che valiamo, è strettamente legata alla nostra appartenenza a gruppi. Ne deriva che, una delle prime conseguenze del divenire membri di un gruppo è un cambiamento nel modo in cui vediamo noi stessi. L’inserimento in un gruppo comporta spesso una ridefinizione di ciò che siamo la quale, a sua volta, può avere implicazioni per la nostra autostima e per la nostra autovalutazione al punto tale che qualsiasi prestigio o valore associato a quel gruppo avrà una qualche influenza sulle opinioni che abbiamo circa il nostro stesso valore.


Festinger attraverso la formulazione della Teoria del confronto sociale (Theory of social comparison processes) sostiene che esiste una motivazione umana universale che ci spinge a valutare le nostre opinioni e capacità. Alla base di questa supposizione vi è la convinzione che la vita sarebbe difficile, se non impossibile, se non avessimo un modo per valutare correttamente le nostre capacità poiché in molteplici situazioni non saremmo in grado di valutare correttamente i rischi che corriamo (es. le nostre reali capacità di guida di un mezzo) o le potenzialità che possediamo (es. nella scelta di una professione).

Ma come otteniamo questa conoscenza di noi stessi? Il metodo più ovvio e attendibile è quello di trovare strumenti oggettivi di valutazione. Nel caso della valutazione del sé, gli altri individui ci servono da punti di riferimento essenziali per la valutazione delle nostre capacità e per la conferma delle nostre opinioni. Come diceva Menandro [343-292 a.C.] commentando il famoso oracolo di Delfi: “La massima ‘conosci te stesso’ andrebbe sostituita con quella ‘conosci gli altri’”. Ma agli altri a cui si riferisce questa massima non sono degli ‘altri’ generici bensì coloro che ci possono fornire la maggiore e più attendibile quantità di informazioni, cioè altri che ci sono simili e con i quali possiamo confrontarci in quanto non troppo diversi da noi. Lo scopo complessivo di tale confronto sociale è quello di scoprire le capacità di un altro individuo in modo tale da poter fare delle inferenze sulle nostre stesse capacità. Considerando che qualunque inferenza sulle nostre capacità ha influenza sulla nostra autostima saremmo indotti a pensare che la tendenza sia ad evitare i confronti con coloro che sono migliori di noi poiché l’esito del confronto potrebbe essere spiacevole. In realtà, numerosi studi, hanno dimostrato che gli individui, in linea di massima, hanno la tendenza a scegliere come termini di confronto individui appena un po’ migliori di loro.
 tutto questo è ben illustrato nel libro di  Brown del 2000  "Psicologia sociale dei gruppi" edito da Il Mulino.

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Possono esserci, però, altre circostanze in cui le persone preferiscono confrontarsi verso il basso. Una di queste si verifica quando le persone si trovano in situazioni particolarmente negative. In questi casi, paradossalmente, è di un certo conforto sapere che ci sono persone che stanno anche peggio di noi poiché la motivazione principale è quella di proteggere un’autostima in qualche modo minacciata. Una ragione per cui le persone in situazioni difficili possono continuare a volgere preferibilmente la loro attenzione verso l’alto invece che verso il basso è stata avanzata da Taylor e Lobel che hanno sostenuto che mentre i confronti verso il basso possono rafforzare il Sé di persone che si sentono minacciate soltanto su un piano di superficie (“Se non altro non sono così conciato come loro”), i confronti verso l’alto possono dare speranza e prospettive di miglioramento (“Anch’io potrò essere come loro un giorno”).

Come si è visto la teoria di Festinger fornisce un riferimento utile per comprendere le cause e gli effetti della differenziazione di status nei gruppi. Tuttavia è importante sottolineare che studi successivi hanno dimostrato che in assenza di criteri oggettivi di valutazione del sé gli individui non utilizzino come unico processo quello del controllo sociale ma anche quello del confronto temporale.

Essi confrontano cioè la propria prestazione attuale con quella passata e futura ed in molti casi tale tipo di confronto può assumere una maggiore importanza per le persone specie nei casi in cui i confronti sociali generano esiti sfavorevoli per il Sé. Inoltre, l’importanza relativa dei confronti sociali e temporali può cambiare nell’arco della vita. Tipicamente nei primissimi anni (fra i 4 e gli 8 anni) o in età avanzata (dopo i 65 anni) i confronti temporali possono assumere più importanza di quelli sociali mentre nella fanciullezza, nell’adolescenza e in età adulta i confronti sociali tendono ad essere predominanti.

Traslando tale concetto in ambito organizzativo possiamo dire che all’inizio del rapporto di lavoro sicuramente i confronti sociali e cioè il rapportarsi agli altri, ha una certa influenza sull’autostima e la motivazione delle persone. Con il passare del tempo, il collaboratore tende a considerare predominante il raffronto temporale e cioè il proprio percorso di carriera che diventa sicuramente una degli elementi importanti della propria motivazione.

In linea generale, motivazione e autostima sono fortemente connessi a ciò che ricaviamo dal confronto con gli altri e dal valutare noi stessi ed i nostri cambiamenti nell’arco del tempo.

In tal senso il counseling aziendale, il career counseling e tutte le metodiche finalizzate al raggiungimento di una consapevolezza di sé in ambito organizzativo e professionale, ivi inclusa la formazione esperienziale, rappresentano dei validi strumenti di sostegno alla motivazione sia degli individui che dei gruppi.

lunedì 18 gennaio 2010

I gruppi come fonte di identità sociale

Contributo della Dott.ssa M. Laura Baronti Marchiò, Resp. Sviluppo Risorse Umane di Quattroemme.

E’ stato riconosciuto da tempo che i gruppi a cui apparteniamo hanno un ruolo fondamentale nell’acquisizione da parte nostra della consapevolezza di chi siamo e di quale sia il nostro posto nel mondo. Il che equivale a dire che tale consapevolezza la raggiungiamo attraverso il confronto con gli altri e attraverso il nostro aggregarci in gruppi diversi che spesso interagiscono anche tra loro e che, in ogni caso, ci forniscono stimoli diversificati e interagenti.
Nel percorso evolutivo del bambino la consapevolezza di Sé inizia a svilupparsi nel momento in cui egli si percepisce diverso/distinto dalla figura di riferimento (la madre) con la quale ha inizialmente un rapporto simbiotico. E’ quindi attraverso un processo di differenziazione che conosciamo noi stessi ed è l’altro diverso da me il mezzo attraverso il quale ci conosciamo.

Questo avviene nella vita come nel lavoro, dove la cultura aziendale e l’identità organizzativa sono fortemente connesse all’identità che l’individuo acquisisce nel suo far parte di un sistema organizzativo che, tra l’altro, ne determina spesso i comportamenti quanto meno professionali.

Come illustrato nel libro di R. Brown del 2000 "Psicologia sociale dei gruppi", secondo Turner il concetto di Sé è formato da due elementi: l’identità personale e l’identità sociale. La prima, si riferisce ad autodescrizioni che facciamo di noi stessi sulla base di caratteristiche individuali, per esempio “sono un tipo di persona amichevole”, “sono amante del blues”. La seconda, invece, è relativa a descrizioni legate all’appartenenza a categorie sociali, quali per esempio “sono una donna”, oppure “sono un tifoso della Roma”.

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La nostra esistenza, quindi, si svolge nella dinamica non sempre pacifica e senza conflitti fra la nostra identità personale, da un lato, che designa ciò che ciascuno di noi pensa e sente di essere come individuo con le proprie caratteristiche peculiari e in qualche modo uniche, e la nostra identità sociale, dall’altro lato, che ci identifica come appartenenti ad uno o più gruppi, alcuni ristretti (con rapporti diretti, faccia-a-faccia), altri estesi (come le appartenenze nazionali, regionali, etniche, religiose, politiche, professionali etc.). L’identità sociale è qualcosa che condividiamo con gli altri appartenenti al gruppo anche se ciascuno di noi apporterà delle coloriture personali a queste appartenenze condivise. Ad esempio, il fatto di appartenere ad una razza o semplicemente ad una organizzazione può essere per un individuo qualcosa di molto importante e significativo mentre per un altro può costituire un qualcosa di irrilevante o addirittura di fastidioso. Inoltre, le nostre identità sociali possono restare latenti a lungo e ‘risvegliarsi’ con forti sensi di appartenenza in certe circostanze. In sintesi, sotto la spinta di eventi esterni e di percorsi interni, individuali, il nostro sentirci parte di un gruppo può avere dei mutamenti e dei riassesti, in base ai quali aumenta o diminuisce il sentimento di ‘far parte’, di essere membro di quel determinato gruppo e categoria sociale. In ogni caso, è innegabile che una parte del nostro comportamento sociale è influenzato se non addirittura determinato, in certi momenti, dalla nostra identità sociale.

Nel definirsi membri di un team, gli individui stabiliscono un’associazione tra se stessi e i vari attributi e le norme comuni che sperimentano all’interno di un determinato gruppo.

Nell’ambito delle attività di team ‘building’ viene dato largo spazio a quei particolari giochi d’aula che mirano a creare e rafforzare l’identità sociale dei componenti, l’emergere spontaneo di ruoli in funzione delle caratteristiche individuali e la sperimentazione di ruoli diversi con i quali confrontarsi e dai quali apprendere competenze nuove a rafforzamento e ampliamento di quelle già esistenti.

Il varare iniziative che favoriscano in modo sano il processo di identificazione del singolo con l’organizzazione di appartenenza è di fondamentale importanza per la crescita professionale dei singoli e per la costruzione di gruppi di lavoro efficaci poiché è anche in base al senso di appartenenza che i singoli mobilitano le proprie energie nel raggiungimento di un obiettivo comune.

Definire ed esplicitare una rosa di valori, ponendoli alla base di una vision strategica e consentendo al gruppo di riconoscersi in essi rende il gruppo stesso fonte insostituibile di identità organizzativa individuale e collettiva contribuendo in modo efficace alla costruzione e mantenimento di un clima aziendale favorevole alla cooperazione e collaborazione.

Non è un caso, quindi, che sempre più si parli di responsabilità sociale d’impresa e che nell’ambito di tali tematiche si richieda all’azienda di stilare una propria ‘Carta dei valori’ nella quale i singoli si possano riconoscere poiché è dal gruppo azienda che l’individuo trae gli stimoli in base ai quali costruisce la propria identità professionale.