mercoledì 7 ottobre 2009

La conoscenza organizzativa: i processi organizzativi, la comunicazione, l’apprendimento organizzativo, i processi decisionali

La capacità distintiva delle organizzazioni che vogliono acquisire una conoscenza organizzativa completa è gestire e promuovere come fonti:

  • i dati aziendali (data), raccolti in database interni o provenienti da fonti esterne;

  • le informazioni (information), insieme di dati aziendali organizzati e archiviati in documenti e strumenti vari;

  • la conoscenza (knowledge), intesa appunto come, insieme di idee e prospettive, giudizi e aspettative, intuizioni e valori, metodologie e know-how accumulati, integrati e detenuti da un’impresa lungo un adeguato arco di tempo e disponibili per applicazioni operative di business nella gestione di specifiche situazioni e problemi.

    Secondo Nelson e Winter la conoscenza organizzativa è costituita da quell’insieme delle competenze individuali e dei principi organizzativi attraverso i quali le relazioni tra individui, gruppi e membri di un network sono strutturati e coordinati. La conoscenza organizzativa è, dunque, racchiusa all’interno di routines che costituiscono la memoria delle organizzazioni in quanto conservano una rappresentazione, spesso implicita, del percorso storico dell’impresa. Infatti, ogni organizzazione agisce sia secondo delle routines operative, che rappresentano delle regole che indirizzano il comportamento di breve periodo e sono attività tendenzialmente statiche che le imprese svolgono abitualmente e che permettono di replicare compiti già svolti, e sia secondo routines strategiche, che rappresentano le regole dinamiche che guidano le scelte di crescita dell’impresa, che la orientano a favorire l’apprendimento e l’innovazione. La conoscenza organizzativa è racchiusa all’interno di queste routines che rappresentano la memoria dell’organizzazione, in quanto conservano, anche implicitamente, la parte automatica delle competenze dell’organizzazione stessa e la capacità di attivare processi organizzativi che consentano di ricombinare gli asset ai fini del mantenimento dell’equilibrio necessario alla sopravvivenza dell’organizzazione. Si evince così come esista una forte interdipendenza tra i concetti “informazione”, “conoscenza”, “competenza” e “routine” in ambito organizzativo.


Le condizioni necessarie affinché si crei conoscenza organizzativa sono:

  • intenzionalità, che è l’aspirazione dell’organizzazione al raggiungimento degli obiettivi che si è prefissata, ossia le sue strategie, la sua vision. Senza questo elemento non è possibile stabilire il valore di una informazione o di una conoscenza percepita o creata. E’ necessario il coinvolgimento dei membri dell’organizzazione o la presenza di uno sponsor, cioè di un elemento dell’organizzazione che faccia parte del top e middle management o che sia promotore e spinga i livelli più alti dell’organizzazione a realizzare sistemi di comunicazione e diffusione delle informazioni affinché diventino patrimonio aziendale: il Chief Knowledge Officer;

  • autonomia individuale per accrescere le probabilità di generare opportunità inattese e che le organizzazioni devono avere per superare standard obsoleti, affinché vengano realizzate le strategie aziendali e l’organizzazione stesa possa configurasi come sistema autopoietico;

  • fluttuazione e caos creativo o rumore, che stimola l’interazione tra l’organizzazione e il contesto esterno. Rappresentano tensioni da ascoltare con attenzione, che possono generare frattura e di conseguenza possono alimentare la generazione di conoscenza organizzativa. Per governarle e renderle “benefici” o momenti di creatività e non lasciare che siano caos distruttivo per l’organizzazione, è necessario che i membri di questa siano consapevoli e in grado di riflettere sulle azioni che compiono e che l’organizzazione stessa crei le condizioni affinché tale “riflessione nell’agire” diventi prassi;

  • ridondanza di informazioni, che promuove la condivisione della conoscenza tacita e accelera il processo di creazione della conoscenza, oltre ad offrire all’organizzazione un meccanismo di autocontrollo in seguito alla creazione di maggiore consapevolezza nelle persone dei fatti organizzativi e aziendali;

  • varietà minima richiesta, ossia la capacità di potersi strutturare in modo da rispondere alle pressioni e dinamiche esterne ma anche interne.


Ma la conoscenza organizzativa non può prescindere né dagli elementi oggettivi, quali la necessità di dotarsi di strutture e di processi adeguati per la raccolta, l’immagazzinamento e la diffusione di informazioni, né da elementi soggettivi, quali la capacità dei singoli individui che ne fanno parte di prendere parte attiva ad un processo di interpretazione, rielaborazione, codifica e decodifica fortemente influenzato dalle caratteristiche personali. Secondo Nonaka e Takeuchi (1995) la conoscenza organizzativa si crea attraverso un processo a spirale che prevede l’interazione fra conoscenza tacita ed esplicita a diversi livelli, da individuale a organizzativo. Tale interazione poggia sulla conversione della conoscenza tacita in esplicita e viceversa. Il processo che si innesca è sociale ed è basato sulla comunicazione. Le modalità di conversione sono: socializzazione, esteriorizzazione, combinazione, interiorizzazione. Inoltre, in questo processo di creazione di conoscenza organizzativa, sono da considerare tre dimensioni:
- la dimensione epistemologica, che rappresenta il luogo nel quale avviene la conversione della conoscenza tacita in conoscenza esplicita
- la dimensione ontologica, che rappresenta il luogo in cui la conoscenza creata dagli individui viene trasformata a livello di gruppi e di organizzazione
- il fattore temporale, che determina la natura dinamica delle relazioni tra le altre due dimensioni o “spirali della conoscenza”, dalla cui interazione emerge la capacità di innovazione


In tale modello è evidente l’importanza del ruolo della “relazione” e della “comunicazione”.



La comunicazione rappresenta il “collante” e “il mezzo” nel sistema organizzazione per creare il valore e diffonderlo. È lo strumento fondamentale di coordinamento delle attività relazionali dell’impresa, attraverso cui attivare contatti, gestire rapporti, creare e mantenere la fiducia, promuovere la co-evoluzione, esercitare strategie di influenza e condizionamento. La comunicazione, quindi, genera e sostiene le relazioni, sviluppa la fiducia e la conoscenza, produce credibilità, contribuisce alla costruzione della consonanza o compatibilità strutturale e della risonanza o condivisione di valori, obiettivi e strategie. La comunicazione costituisce una componente strutturale delle organizzazioni:
- verso l’interno, contribuendo a ridurre il disordine e a sviluppare una forza coesiva tra le varie componenti dell’impresa intorno a identità, valori e cultura comuni e orientando i comportamenti verso finalità condivise
- verso l’esterno, costituendo il vettore delle relazioni che legano l’impresa all’ambiente in cui opera, favorendo la co-evoluzione dell’impresa e dei suoi interlocutori, generando adattamento, dialettica, retroazione e contribuendo a costruire image, reputation ed equity dell’impresa.

La comunicazione d’impresa si sviluppa su due diversi piani:
- piano strategico --> meta-comunicazione, finalizzata a creare la consonanza (compatibilità strutturale) e risonanza (fiducia, condivisione di valori, obiettivi e strategie) con i propri interlocutori che, in una prospettiva di lungo termine, realizza la rete contestuale all’interno della quale verranno veicolate le comunicazioni operative, determinando le condizioni per ottenere da queste una maggiore efficacia, creando l’ambiente operativo;
- piano operativo --> comunicazione corrente, con prospettive di breve termine.

La sfida delle organizzazioni non è forzare le persone ad adattarsi al modello dell’”uomo organizzativo” perfettamente integrato ed in linea con i dettami dell’organizzazione, ma piuttosto riuscire a configurare un’organizzazione flessibile al punto da riuscire a valorizzare le conoscenze dei singoli individui che la compongono e garantire che le esperienze e le conoscenze individuali siano messe a disposizione dell’intera organizzazione.

Le organizzazioni che sanno realizzare l’apprendimento organizzativo sono focalizzate nel:
- crescere in conoscenza, dotandosi di processi e strumenti per afferrarla, condividerla e diffonderla;
- mantenere una struttura flessibile, sperimentando nuovi modelli di management;
- ottimizzare la condivisione delle informazioni in un clima di scambio di partecipazione attiva, tesa verso il networking;
- fondare l’azione sulla partecipazione, favorendo la costruzione di relazioni improntate alla fiducia e all’empowerment;
- orientarsi all’innovazione attraverso la trasformazione;
- sviluppare le capacità di problem solving;
- riflettere sulla storia dell’impresa e apprendere dall’esperienza propria e dei concorrenti per capire gli errori commessi, come migliorare le strategie operative e per rafforzare le prestazioni, aumentando l’efficacia e l’efficienza.

Le modalità di apprendimento organizzativo sono alla base delle modalità decisionali delle organizzazioni e vengono definite da Miller come “…l’acquisizione di nuova conoscenza da parte di attori che sono in grado e disponibili ad applicarla alla presa di decisioni o al fine di influenzare altri nell’organizzazione”. Diverse modalità di decisione sottendono diverse forme di apprendimento che Miller in “A preliminary typology of organizational learning: synthesizing the literature” (Journal of Management, 1996) classifica secondo due dimensioni:
- il grado di costrizione a cui è sottoposta l’azione individuale o organizzativa a causa di vincoli cognitivi, politici e di risorse che porta a distinguere modalità di apprendimento volontarie da quelle deterministiche;
- il modo di pensare ed agire che porta a distinguere le modalità di apprendimento metodiche o intenzionali, che sono deduzioni basate su analisi obiettive di fatti precisamente presentati da quelle emergenti o spontanee, che sono intuizioni o abduzioni basate anche su intuizioni soggettive di fatti approssimativamente rappresentati.
Incrociando tali classificazioni Miller arriva a identificare sei possibili modalità di decisione e apprendimento:
1. Apprendimento analitico, che emerge sia dall’analisi sistematica e quantitativa dei fenomeni d’azienda e d’ambiente che porta alla decisione, sia dalla verifica dei risultati effettivamente raggiunti. Richiede la presenza di sistemi di misurazione formali e si sviluppa a livelli elevati della struttura gerarchica. È comune quando c’è una modesta incertezza sulle relazioni qualificanti la situazione decisionale e bassa sui fini da perseguire.
2. Apprendimento sperimentale, che emerge dall’effettuazione di esperimenti e dall’analisi dei risultati raggiunti. La sperimentazione attiva meccanismi di ricerca locale che stimolano, sulla base dei primi risultati emersi, il miglioramento dei processi decisionali. Alcune volte l’azione può precedere la fase di analisi nel “ciclo di apprendimento”. La modalità in esame consente una riduzione del rischio e si sviluppa soprattutto a livelli medi della struttura gerarchica. È comune quando c’è incertezza sulle relazioni qualificanti la situazione decisionale.
3. Apprendimento strutturale, che, richiamando il modello sotteso alla Teoria evolutiva di Nelson e Winter, emerge dall’applicazione delle routines organizzative che standardizzano i modi per interpretare le informazioni, definendo nel contempo gli ambiti di attenzione e le modalità di ricerca, e, in generale, i processi decisionali. In questo senso, le routines diventano meccanismi sia impliciti che espliciti, che servono anche per guidare l’apprendimento organizzativo in modo programmato. È una modalità comune quando c’è bassa incertezza sia sulle relazioni qualificanti la situazione decisionale che sui fini da perseguire e si sviluppa anche a livelli bassi della struttura gerarchica.
4. Apprendimento interattivo, emerge dalla discussione e dalla negoziazione con soggetti interni ed esterni all’organizzazione. Questo permette di pervenire ad una situazione che permette di inquadrare le opportunità e i pericoli. È una modalità che si sviluppa ai livelli intermedi dell’organizzazione. Si verifica quando c’è alta incertezza sia sulle relazioni qualificanti che sui fini da perseguire e quando è presente una significativa complessità organizzativa collegata alla dimensione aziendale e alla diversità di prodotti e mercati serviti.
5. Apprendimento sintetico, che dipende da una visione olistica dell’azienda come sistema complesso e dinamico. Emerge dall’analisi sistemica dei fenomeni d’azienda e d’ambiente che porta al riconoscimento intuitivo di pattern di comportamento aziendale. La sintesi creativa e, quindi soggettiva, avviene al livello di singolo individuo dopo che ha costruttivamente integrato il significato anche nascosto dei problemi di scelta, delle possibili modalità per affrontarli e delle connesse soluzioni. La modalità di analisi si sviluppa soprattutto ai livelli alti della struttura gerarchica. È comunque quando c’è alta incertezza sulle relazioni qualificanti la situazione decisionale, ma bassa incertezza sui fini da perseguire.
6. Apprendimento istituzionale, che è una modalità di apprendimento con un aspetto politico-ideologico ed emerge dall’assimilazione di valori, ideologie e pratiche proposte da chi è preposto al governo dell’azienda e dell’ambiente. Può essere realizzata tramite l’indottrinamento, la socializzazione e persino la coercizione. L’indottrinamento può avvenire in forma implicita attraverso speciali rituali, procedure e linguaggi, oppure in forma esplicita attraverso la statuizione di vision e mission aziendali. L’obiettivo è rendere coerenti i comportamenti dei membri dell’organizzazione con i valori del leader. La modalità di analisi si sviluppa anche a livelli bassi della struttura gerarchica. È comune quando c’è modesta incertezza sia sulle relazioni qualificanti la situazione decisionale che sui fini da perseguire.